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Di cosa parliamo quando diciamo vaffanculo

Diciamo la verità: il “vaffa” fa sempre notizia. Sarà anche inflazionato ma resta pur sempre una delle parolacce più usate della nostra lingua (la 10°, come ho raccontato in questa analisi).
E resiste all’inflazione: due sentenze recenti della Cassazione,
questa e questa hanno ribadito che questa espressione è un‘ingiuria che manifesta disprezzo verso un interlocutore.
Eppure, di questa parolaccia sappiamo poco. Innanzitutto, che tipo di espressione è? Linguisticamente parlando, è un’espressione formulaica o verbo polirematico: in parole povere, è una frase fatta, un prefabbricato linguistico, tanto da essere quasi indeclinabile (culo resta sempre al singolare, anche se il vaffa è rivolto a più persone: andate affanculo).
Ma cosa vuol dire esattamente vaffanculo? Su Internet circolano interpretazioni a dir poco fantasiose: come quella secondo cui “vaffa” era il nome del palo usato nel Medioevo per i condannati a morte… Niente di più sbagliato, anche se l’origine di questa espressione non è molto chiara, così come il suo significato: vuol dire augurare un rapporto anale attivo o passivo?

Pubblicità con doppio senso: è del 2013.

Innanzitutto, un po’ di storia, che ho ricostruito grazie al prezioso contributo di un collega linguista, Giovanni Casalegno. La prima testimonianza di questa espressione nella nostra letteratura è piuttosto recente. Si trova in un romanzo di Aldo Palazzeschi Roma, del 1953. “La signora Sequi s’alzò dal divano sul quale sedeva vicino a lui, con gli occhi sbarrati e le mani sui fianchi gridò: «va a ffanculo!». Come sempre accade, però, l’inserimento di una parola in un’opera letteraria avviene a distanza di molti anni dalla sua diffusione nell’italiano parlato: sicuramente il vaffa è molto più antico.
Da allora, comunque, il vaffa ne ha fatta di strada. Probabilmente siamo l’unico Paese al mondo che ha segnato la nascita di un movimento politico con un vaffa contro la politica: il V-Day organizzato nel 2007 da Beppe Grillo. E’ stata una manifestazione itinerante senza precedenti, che raccolse oltre 300mila firme per riformare i criteri di candidabilità dei politici. Senza dimenticare che c’è un’intera canzone, “Vaffanculo” di Marco Masini, diventata una hit nel 1993 (ma in questo campo i rapper statunitensi ci fanno una bella concorrenza):

L’espressione è una contrazione di “vai a fare in culo”, dove il verbo fare va inteso in senso generale come “praticare”. Significa “vai a praticare il sesso anale”, la sodomia, sia in senso attivo che passivo: una pratica che è sempre stata vista, in passato, in modo spregiativo fin dai tempi dei Romani (almeno per quanto riguarda il sesso passivo; su quello attivo erano più tolleranti).
Dal punto di vista funzionale, il vaffa rientra tra le maledizioni: significa scacciare qualcuno augurandogli un destino sgradevole. Nella visione – come ricorda Steven Pinker – che il sesso è un atto di forza promosso da un maschio attivo che ricade su una femmina passiva sfruttandola o danneggiandola. Tant’è vero che inculare significa anche sfruttare, fregare, danneggiare.
Ed è probabile che la fortuna espressiva del vaffa abbia anche una ragione sonora, musicale: la parola è costituita da 3 consonanti fricative (la doppia labiale f e la dentale v), che comportano un’espulsione di fiato, e sono spesso usate, come afferma il fonosimbolismo, nelle espressioni che significano disgusto, disprezzo, rifiuto, condanna, insofferenza: come le parole vomito, fetente, fanfarone, fesso, schifo.
Di recente, è
emerso che Sharon Stone e Pupi Avati, mentre giravano un film a Roma, si salutassero con «Vaffanculo Pupi», «Vaffanculo Sharon», perché all’attrice statunitense piace il suono della parolaccia. Del resto, potrebbe non essere un caso che anche in inglese un’espressione equivalente sia costruita con la stessa consonante: fuck off. E anche sul fuck occorre smontare una leggenda metropolitana. Ovvero che sia l’acronimo di “furnicating under consent of the king”… (cioè si poteva fornicare solo con un permesso del re) come ben spiega Wikipedia inglese.

⇒⇒⇒⇒ Anche perché, come potete scoprire in questo altro post, esistono decine di espressioni equivalenti (e varianti) non solo in inglese, ma in molte altre lingue e dialetti.

A fronte di questa espressività sonora, però, bisogna sottolineare un difetto del vaffa dal punto di vista prosodico: la sua lunghezza. Quattro sillabe per scacciare qualcuno sono un po’ tante: non è un caso che gran parte degli insulti più efficaci sono costituiti da 2 sillabe (stronzo! pirla!, etc). D’altronde se, come diceva il filosofo Schopenhauer, l’insulto è un giudizio abbreviato, deve a maggior ragione essere breve e incisivo. Tant’è vero che il trio Aldo, Giovanni e Giacomo ne ha evidenziato l’effetto comico nel film “Tre uomini e una gamba” (1997): in una celebre scena Aldo pronuncia il vaffa più lungo della storia del cinema italiano (6 secondi):

Ma a parte l’efficacia espressiva, il vaffa esprime anche una verità poco nota: l’Italia è uno dei Paesi in cui il sesso anale è più diffuso. Il 56% degli italiani nati tra il 1937 e il 1988 ha avuto rapporti eterosessuali di questo tipo, per lo più in rapporti di coppia. Lo afferma un serissimo e documentatissimo libro di sociologia La sessualità degli italiani di Maurizio Barbagli, Gianpiero Dalla Zuanna e Franco Garelli (Il Mulino, 2010). Dice a pag. 200/201: “il numero di coppe eterosessuali che li pratica (i rapporti anali) è cresciuto, durante il secolo scorso sia in Europa che negli Usa. Sorprendentemente, però, questo processo è iniziato, o è stato comunque più rapido, in Italia rispetto agli altri Paesi sui quali abbiamo dati. (…) Nella seconda metà del Novecento, la quota degli uomini italiani che hanno avuto rapporti anali con una donna è stata 5 volte più alta di quella degli inglesi. La diffusione di questa pratica è comunque molto maggiore da noi anche rispetto agli Usa e alla Francia”. La fonte del libro è, a sua volta, lo studio di T. Sandfort e altri “Sexual pratices and their social profiles” in M. Hubert “Sexual behaviour and Hiv/Aids in Europe”, London, 1998 (pag. 106-164).

Due sodomiti condannati al rogo in una miniatura del 1447: le condanne a morte durarono fino al 1700.

I motivi? Due, dicono Barbagli e colleghi. Primo, la maggior dipendenza delle donne dal partner, per una maggiore disuguaglianza di genere. Le donne, insomma, lo farebbero più per compiacere l’uomo.
Secondo (e credo ben più importante) un fattore storico: l’Italia è da secoli la patria europea dei rapporti anali, se già San Bernardino da Siena quasi 6 secoli fa, deprecava il fatto che, per i tedeschi di allora (ironia della sorte!) “non è generazione al mondo che sieno maggiori sodomiti che e’ Taliani”. Tanto che in tedesco il verbo florenzen (da Firenze) significa sodomizzare. Insomma, i famosi “rapporti contro natura” che la Chiesa deprecava sia nei rapporti etero che omosessuali, in quanto emblema del sesso non finalizzato alla procreazione “in un orifizio illecito” (e tanto più deprecabile in quanto “impuro”, essendo la via d’uscita degli escrementi).
Ma proprio per opporsi a questo forte tabù, diversi scrittori dei secoli scorsi decisero di sfidare la mentalità corrente, decantando nelle loro opere le gioie del sesso anale, come fece tra gli altri – lo racconto nel mio libro
Pietro Aretino nei “Sonetti lussuriosi” del 1526.

Dunque, la prossima volta che mandate qualcuno affanculo pensate a quale peso storico e culturale porta dentro di sè. Un peso che si può apprezzare in tutta la sua forza espressiva in una canzone amarissima di Piero Ciampi, “Adius”, ultimo scatto d’orgoglio di un innamorato ferito:
Ma come
Ma sono secoli che ti amo
Cinquemila anni
E tu mi dici di no
Ma vaffanculo
Sai che cosa ti dico
Vaffanculo…. vaffanculo….

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13 Comments

  1. Mandare uno a fare in culo, vuol dire augurargli di prenderlo nel culo, di fare il culattone, insomma. E sappiamo tutto che in Italia è meglio fascista che frocio, ma anche meglio morto che frocio.

  2. Tutto assolutamente non vero la parola ha origine in uno studio di pittura del risorgimento, il maestro diceva “vai a fare un culo” agli studenti incapaci di disegnare …..datosi che il “culo” di solito non si disegnava.

  3. Tenere a mente che i Livornesi utilizzano una variante più diretta, anche se più lunga:
    Matte lo và a piglià ‘nder culo!

  4. L’interpretazione è totalmente sbagliata.
    “Vaffanculo!” è la forma italianizzata della dialettale “va’ fa’ ndo’ culo ” ,usata nell’Italia meridionale peninsulare, che può essere interpretata ,nel significato in senso lato ,come ” Vai a lavorare, invece di trastullarti..” Infatti come è risaputo , soprattutto al Sud, andare a lavorare sotto padrone è doloroso quasi come essere oggetto di sodomizzazione. Quindi non è un vero insulto ma anzi assume quasi l’aspetto di una paternalistica per quanto fantasiosa e popolare possa essere.

    • La sua interpretazione è del tutto personale e non supportata da alcuno studio. La linguistica non si fa in questo modo. Il fatto che il “vaffa” possa essere detto anche in modo bonario vale per tutte le parolacce.

  5. Per quanto riguarda poi l’origine storica del desiderio anale, avrei anche qui qualche precisione da fare. Punto primo, i rapporti anali sono vecchi quanto il mondo, già nell’85d.C. Marziele nei suoi epigrammi prendeva in giro i vizi dei Romani: “Foedasti miserum, marite, moechum, et se, qui fuerant prius, requirunt trunci naribus auribusque voltus. Creditis te satis esse vindicatum? erras: iste potest et irrumare ” che tradotto suona :”Marito, l’amante infelice di tua moglie hai sfigurato, il naso e le due oreccchie con un colpo gli hai mozzato. Credi forse con ciò d’esserti vendicato? Ti puoi certo sbagliare: l’amante di tua moglie è ancora in grado d’inculare!!”.
    Senza contare poi che la sodomia tra uomini a quei tempi era anche più diffusa soprattutto tra i patrizi i quali imparavano dai loro maestri anche a fare sesso, quindi di solito il primo rapporto era omosessuale. Comunque la cosa non era vista così scandalosa (a periodi alterni in base all’imperatore) così come oggi sarebbe prendere un caffè.
    In seguito invece con l’ascesa della religione cattolica per motivi opposti si è verificato lo stesso fenomeno. Ossia, dovendo le donne arrivare illibate al matrimonio riversavano i desideri dei loro spasimanti sul loro ano. Ai giorni nostri direi invece che il fenomeno e diffuso principalmente tra le popolazioni musulmane dove è ancora importante l’illibatezza per il matrimonio, quindi tunisini, marocchini, arabi ecc ecc sono i principali fruitori di questa pratica

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