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Il presidente più volgare della Storia

duterte2Al suo confronto, Trump, Bossi, Berlusconi, Grillo, Salvini e Gasparri diventano raffinati gentiluomini. Rodrigo Duterte, il nuovo presidente delle Filippine, è un caso unico e inedito nello scenario politico internazionale: ha sparato offese pesanti alle più importanti istituzioni e autorità mondiali: dall’Onu all’Unione Europea, e persino papa Francesco. Non si era mai visto un capo di Stato  insultare non solo gli avversari interni, ma persino i vertici di altre nazioni e anche un leader religioso.
Ma come si spiega questo stile comunicativo che viola ogni protocollo diplomatico?
Si può dedurre la strategia politica di un capo di Stato dalle parolacce che dice?
E quali effetti ha questo comportamento fuori dagli schemi?
Il caso merita di essere approfondito.
Partiamo prima dagli insulti che lo hanno proiettato sulla ribalta internazionale. Insulti non sempre facili da tradurre, perché Duterte li pronuncia in tagalog, una lingua austronesiana con alcune influenze inglesi e spagnole, che lui però non padroneggia essendo di lingua madre cebuanaQuindi spesso le sue frasi non sono del tutto corrette, comprensibili o facilmente traducibili. E spesso le mescola con un inglese rudimentale. Ecco perché ho chiesto aiuto a vari esperti per avere una traduzione il più possibile fedele.
Qui sotto cito i 6 insulti più clamorosi che ha pronunciato finora. La sua espressione preferita è putangina, che deriva da puta (puttana) in spagnolo.

PAPA

“Papa, figlio di mignotta”.

30 novembre 2015, convention del partito Pdp-Laban

LA FRASE. “Papa, figlio di mignotta [Putang Ina Ka], tornatene a casa. Non tornare più a farci visita”. A quell’epoca Duterte si era appena candidato alla presidenza. Era indispettito perché, quando papa Francesco era venuto nelle Filippine, Duterte aveva impiegato 5 ore per raggiungere un centro commerciale della città, per gli ingorghi causati dalla visita papale. E così, rievocando l’episodio, ha insultato il pontefice.
L’insulto è stato detto in modo scherzoso, ma ha fatto clamore in un Paese dove l’81% degli abitanti è di fede cattolica. Tanto che, nei giorni seguenti. Duterte ha dovuto scusarsi. Ma la sua uscita ha fatto breccia nella “pancia” dell’elettorato.

ONU

“Fanculo, ONU”.

4 giugno 2016, a una conferenza stampa, rispondendo ai media stranieri che lo avevano criticato.

LA FRASE. “Vaffanculo [fuck you] Onu, non riesce nemmeno a risolvere le carneficine in Medio-Oriente… e non riesce nemmeno ad alzare un dito in Africa… Chiudete il becco tutti quanti!”. Spiegherò più avanti i motivi di questo attacco all’Onu. La frase è stata pronunciata in piena campagna elettorale: era un assaggio di quanto sarebbe avvenuto nei mesi successivi.

Fonte

AMBASCIATORE

“L’ambasciatore Usa: frocio e figlio di puttana”.

8 agosto 2016, incontro con le forze armate.

LA FRASE. “Avevamo parlato con Kerry (John Kerry, segretario di Stato, Usa). Con lui è tutto a posto, anche se ho litigato con il loro ambasciatore (Philip Goldberg, ndr), quel frocio [bakla]. Figlio di puttana [putang ina], mi infastidisce davvero. Goldberg si è immischiato durante le elezioni, facendo dichiarazioni qua e là. Non doveva farlo”.

Fonte

OBAMA

“Porca puttana, Obama”.

5 settembre 2016, a una conferenza stampa

LA FRASE. “Porca puttana [putang-ina], ti maledirò in quel dibattito (riferimento all’incontro previsto con Obama al summit Asean in Laos, ndr) ”. La frase è stata tradotta da molti media come “figlio di puttana”, ma in realtà secondo una traduzione autorevole qui “puttana” è usato come imprecazione, come sfogo di rabbia generico. Secondo altri commentatori, invece, Duterte avrebbe detto “figlio di puttana” ma non a Obama, bensì al giornalista che gli aveva fatto una domanda scomoda. La frase si inseriva in un discorso in cui Duterte ha ribadito, lucidamente e con orgoglio, di essere “presidente di uno Stato sovrano, abbiamo smesso da tempo di essere una colonia”, accusando di indebite ingerenze gli Usa.
Dopo il clamore suscitato sui media Duterte si è scusato, precisando comunque che l’insulto non era rivolto a Obama. Ma d
i fatto l’incidente diplomatico c’è stato lo stesso: Obama ha cancellato un incontro previsto con Duterte, qualificandolo come un “tipo colorito”. Eleganza contro stile trash.

BAN KI-MOON

“Ban Ki-Moon, sei un altro stronzo/rincoglionito”.

9 settembre 2016, summit Asean in Laos

LA FRASE. “Ban Ki-Moon ha fatto un’altra dichiarazione sui diritti umani. Sei un altro stronzo/rincoglionito [tarantado]”. Anche le ragioni di questo attacco le spiegherò più sotto.

Fonte

UNIONE EUROPEA

“Fanculo, Unione europea”.

21 settembre 2016, discorso a Davao

LA FRASE.Ho letto la condanna dell’UE contro di me. Dirò loro: ‘Fanculo’ (fuck, alzando il dito medio, ndr). In realtà lo stai facendo per espiare i tuoi peccati: basta leggere i libri di storia per vedere che i Paesi europei hanno ucciso migliaia di persone in passato. E hanno la faccia tosta di condannare me… Lo ripeto: andate affanculo”. Il motivo della polemica contro l’Ue è lo stesso che lo ha spinto contro l’Onu.
 

Come si spiegano tutti questi insulti? Innanzitutto, bisogna precisare che nonostante i suoi modi di fare, Duterte non è una persona incolta: è un ex avvocato di 71 anni. Ed è soprattutto un politico navigato: il suo esordio risale al 1988, quando fu eletto sindaco della città di Davao, che ha amministrato per oltre 20 anni, fino al 2010. L’uso di insulti si spiega, piuttosto, con il suo populismo: strizza l’occhio alla gente comune, usandone il linguaggio. 

Il Palazzo di Malacañan, sede della presidenza.

Il Palazzo di Malacañan, sede della presidenza a Manila (Wikipedia).

In più, ha un carattere spiccio e autoritario: quando era sindaco, ha adottato il pugno di ferro – tolleranza zero – contro la criminalità, avallando metodi sanguinari da parte della polizia e di anonimi squadroni della morte. Guadagnandosi così il soprannome di “castigatore” (The punisher) o di “sceriffo del Pacifico”.
Un approccio che ha continuato anche da presidente, nella lotta alla droga: si stima che da quando è entrato in carica, circa 3mila persone sono state uccise: un terzo dalla polizia, il resto da anonimi assassini. Duterte ha pure offerto medaglie e ricompense in denaro per chi avesse ucciso i trafficanti. Dunque, assolutista, nazionalpopolare e violento.
Eppure, come ha rilevato un’inchiesta di “Time”, la diffusione di droga nelle Filippine non è peggiore che in altri Paesi. “Consumatori e spacciatori di droga” scrive il settimanale, “sono solo l’ultimo capro espiatorio in un Paese che da tempo deve affrontare problemi molto più gravi, come la corruzione endemica, la povertà, una sanità pubblica carente, gli abusi dei diritti e l’impunità della polizia (…). Duterte è riuscito a convincere molti suoi concittadini che il consumo di droga è una tale emergenza da minacciare l’esistenza stessa del Paese, e che solo il suo governo può salvare le Filippine”. Dunque, parolacce e lotta alla droga sarebbero una strategia di “distrazione di massa”.

TRIAD CONNECTION. President Rodrigo R. Duterte shows a copy of a diagram showing the connection of high level drug syndicates operating in the country during a press conference at Malacañang on July 7, 2016. KING RODRIGUEZ/Presidential Photographers Division

Duterte mostra l’organigramma dello spaccio di droga (Wikipedia, King Rodriguez/Presidential Photographers Division)

Ed è proprio la sistematica violazione dei diritti umani che ha spinto Onu, Usa e Ue a contestare Duterte, il quale invece vuole tirare dritto per la propria strada. Dunque, le parolacce sono usate non solo per aumentare il consenso, ma anche per ribadire la propria identità a dispetto delle pressioni (o ingerenze) internazionali. “Vuole mostrarsi come uomo di popolo, paladino di un’indipendenza e di una purezza politica e culturale molto seducente per l’orgoglioso popolo filippino”, scrive Difesaonline.
Ma quali effetti avranno i suoi attacchi ai poteri forti? Non rischia di perdere autorevolezza internazionale e di portare le Filippine all’isolamento?
Il rischio esiste, ma potrebbe anche essere calcolato, ipotizzano alcuni esperti di geopolitica. Finora, le Filippine sono state un’importante stampella per le strategie Usa nel Pacifico, scrive ancora Difesaonline, soprattutto in chiave anti-cinese. Ma forse Duterte vuole cambiare gli equilibri, riaprendo il dialogo con Pechino. O magari semplicemente alzare la posta con gli Usa.
Come andrà a finire, è difficile immaginarlo. Di certo, però, lo stile di Duterte resta senza precedenti: se il buongiorno si vede dal mattino (Duterte è in carica da 3 mesi) ne vedremo delle belle. Del resto, in filippino presidente si dice “pangulo”: un nome, un destino?

 

 

Ringrazio le persone che mi hanno aiutato a districarmi nel filippino, da WordLo a molti altri.
E’ stato interessante (e divertente).

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