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Cosa svelano le parolacce nei film di Tarantino

Tarantino posa dopo lasciato l’impronta delle mani nel cemento (Shutterstock).

Si può capire il cinema di Quentin Tarantino studiando le parolacce che ha inserito nei suoi film? La domanda è stuzzicante: il regista più splatter del nostro tempo ama infatti il linguaggio senza filtro, e le sue pellicole ne sono la prova.
Ma quante parolacce contengono, e di che tipo? Ne usa più o meno rispetto ad altri registi? E qual è il film più volgare della sua carriera? 
Per rispondere a queste domande, un giornalista statunitense, Oliver Roeder, ha fatto un lavoro certosino: ha rivisto tutti i film di Tarantino, segnando pazientemente tutte le parolacce dette dai protagonisti. In questo post analizzerò i risultati di questo lavoro, che getta una luce inedita sul regista di “Pulp fiction”.

Innanzitutto, definiamo il campo d’analisi: Roeder ha esaminato le 7 pellicole principali dirette da Tarantino: “Le iene” (1992), “Pulp fiction” (1994), “Jackie Brown” (1997), “Kill Bill vol. 1” (2003), “Kill Bill vol. 2” (2004), “Bastardi senza gloria” (2009), “Django unchained” (2012). A questa analisi (i dati grezzi li trovate qui) ho aggiunto le parolacce contenute in “The hateful eight” (2015), di cui lo stesso Roeder ha esaminato la sceneggiatura (che potrebbe avere alcune differenze rispetto al film effettivo).

Scena da “Pulp fiction”.

Il risultato è impressionante: le volgarità censite sono state in tutto 1882, pari a una media di 235 per ogni pellicola (ma, come vedremo, ci sono in realtà differenze notevoli da un film all’altro). Dato che i film di Tarantino durano in tutto 1155 minuti, significa che, in media, nelle sue pellicole si dice più di una parolaccia al minuto (per la precisione 1,6 al minuto).

Un assaggio eloquente è la scena iniziale delle “Iene” che è un vero concentrato di scurrilità. Basti dire che solo nei primi 10 minuti ne vengono pronunciate 59, quasi 6 al minuto, ovvero una ogni 10 secondi… I protagonisti, infatti, mentre giocano a carte, lanciano interpretazioni sempre più spinte sul vero significato della canzone di Madonna “Like a virgin”. E al minuto 1:24 lo stesso Tarantino si produce in una mitragliata di “cazzo” (ripetuto 9 volte), tanto che Edward Bunker (Mr Blue) domanda: “Quanti cazzi fanno?”. E Harvey Keitel (Mr White) risponde: “Una marea!”. Insomma, un inizio così non passa certo inosservato…

Ma esattamente quali parolacce ha inserito nei suoi film Tarantino? Il lessico è abbastanza vario: Roeder ha censito 27 diverse espressioni, anche se c’è un’ossessiva ricorrenza di fuck (fottere, fanculo) che, nella sue varianti, rappresenta più di una parolaccia su 3. Un dato che sorprende fino a un certo punto, dato che è la scurrilità più usata in inglese, anche come intercalare e rafforzativo: come per noi lo è la parola cazzo, come raccontavo in questo articolo.
Ecco l’elenco delle parolacce censite negli 8 film: nella tabella ho accorpato sotto la voce “altre” le espressioni che ricorrono pochissime volte (da 1 a 3), come cocksucker (succhiacazzi) o il francese merde.

Parolaccia Quantità % sul totale
fuck (fottere, fanculo) 683       36,3
shit (merda) 244       13,0
nigger (negro) 233       12,4
ass (culo) 183        9,7
goddamn (maledizione) 114        6,1
motherfucker (bastardo, carogna) 112        6,0
bitch (cagna, stronza, troia) 87        4,6
damn (dannato) 84        4,5
hell (inferno) 61        3,2
dick (cazzo) 20        1,1
bullshit (stronzata) 15        0,8
bastard (bastardo) 11        0,6
pussy (figa) 11        0,6
altre espressioni 24        1,3
TOTALE 1882 100

Dunque, metà delle volgarità (quasi il 48%) sono di origine sessuale, e anche questo non sorprende, perché in inglese, come in altre lingue, gran parte del turpiloquio è alimentato da metafore oscene. Che sono usate per parlare di sesso in modo diretto e colloquiale, ma anche per esprimere rabbia, enfasi e sorpresa, emozioni fondamentali nell’arte di Tarantino.
Gli insulti, invece, sembrano avere meno peso, rappresentando circa ¼ delle parolacce censite, anche se è una statistica molto approssimata. In realtà, quando deve descrivere l’odio fra le persone, Tarantino preferisce mostrarle mentre lottano fisicamente fino all’ultimo sangue: è molto più spettacolare.

Uma Thurman in “Kill Bill vol. 1”.

Ma in questo scenario ci sono alcune variazioni interessanti: il film con il maggior numero di insulti etnici (negro) è “Django unchained”, e ha senso dato che il protagonista è uno schiavo di colore.
E, allo stesso modo, i film col maggior numero di insulti sessisti verso le donne (bitch, pussy) sono “Jackie Brown”, “Kill Bill” 1 e 2: tutti con protagoniste femminili. Da notare un fatto non scontato: sono quasi assenti gli insulti omofobi, faggot (frocio) è stato censito una sola volta. Almeno finora, quindi, l’omofobia non è dunque una delle ossessioni del regista, che ha preferito approfondire altri sentimenti, dall’odio razziale al senso dell’onore, alla vendetta, e così via.

Tarantino, però, non è stato costante nell’uso del turpiloquio: anzi, come potete vedere nel grafico qui a lato (clic per ingrandire), 2 espressioni volgari su 3 (il 66,9%) sono presenti solo nei suoi primi 3 film. Come mai? Roeder lancia un’interpretazione maliziosa: mentre la violenza verbale non costa nulla, quella fisica è molto costosa da realizzare.
Roeder infatti ha messo in rapporto l’uso di parolacce con la quantità di omicidi nei film di Tarantino. Notando che mentre in “Jackie Brown” muoiono solo 4 personaggi, in “Kill Bill vol. 1” le vittime salgono a 63.Ecco la conclusione di Roeder:  “Se vuoi far salire l’audience dei tuoi film, hai due strade, una costosa e una economica. Se vuoi fare una scena in cui tagli in due una persona, hai bisogno di soldi; se hai un budget scarso, ti butti sulle parolacce. Costa molto meno inserire una dozzina di imprecazioni sulla celluloide, che far accoppare una dozzina di samurai”. Infatti, mentre “Le iene” (10 omicidi) sono costate 2 milioni di dollari, “Django unchained” (47 morti) è costato 100 milioni.

Forse c’è qualcosa di vero, ma in realtà l’uso del turpiloquio dipende dai contenuti della trama, che è comunque estrema, sia nelle scene che nei dialoghi. Se calcolo c’è stato, forse è stato di altro genere: Tarantino, come tutti i registi, vuole che i suoi film siano visti dal maggior numero di persone, e col passare del tempo ha limitato i contenuti volgari per non pregiudicarsi gli spettatori con i divieti ai minori. Gli Usa, infatti, classificano i film con vari tipi di restrizioni anche a seconda del tipo di linguaggio. Tanto che anche la frequenza del turpiloquio è nettamente in discesa nelle sue opere, come mostra il grafico qui a lato (clic per ingrandire).
Dunque, anche il turpiloquio rivela aspetti interessanti sull’arte di Tarantino.
Ma com’è rispetto a quella di altri registi? Va a lui la palma del regista più volgare della storia del cinema?
Impossibile rispondere: nessuno si è preso la briga di censire tutte le parolacce di un autore, come ha fatto Roeder con Tarantino. L’unico censimento disponibile si limita al termine fuck. E ci rivela un dato sorprendente: almeno nell’uso di questa espressione la palma non va a Tarantino… Se volete sapere a chi, potete leggere questo altro mio
articolo.
E se, come me, siete appassionati di cinema, potete curiosare in una nuova categoria che ho creato in questo sito:
parolacce e cinema.
Per finire, potete vedere e ascoltare tutti i “fuck” contenuti nei film di Tarantino, raccolti in un unico video di 26 minuti: sono 1.371 (un totale diverso dal conteggio di cui sopra, perché esamina altri 5 suoi film, ed esclude “The hateful eight”). Da far girare la testa.

Ringrazio Francesca (sei una grande!) per il prezioso aiuto nel rielaborare i dati.

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