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W il culo basso?

Scrive Lambrusco, un lettore di questo blog:

Ciao Vito, che divertente parlare di parolacce. Ho letto l’articolo su Focus e ti segnalo un errorino. La pubblicità dei jeans Chicago di parecchi anni fa fu censurata non per la parolaccia che conteneva (Chicago e me ne vado), ma per le immagini della ragazza che si abbassava i pantaloni facendo intravedere l’inizio delle chiappe. Niente di molto scabroso per l’amor del cielo: più o meno mostrava quello che scoprono oggi i jeans a vita bassa. Ma al tempo era considerato eccessivo e fu censurata l’immagine. Che ne pensi della presenza delle parolacce in pubblicità? Lo sproloquio fa vendere? E’ sinonimo di grande creatività oppure di mancanza di creatività? Saluti, Lambrusco

Caro Lambrusco, Ribadisco quanto scrive Focus (e anche il mio libro): la pubblicità fu censurata il 15 giugno 1977 “per il significato attribuibile per questioni di omofonia (cioè di identità di suono, ndr) alla frase ‘Chicago…e me ne vado’”.
Così recita la sentenza del giurì dello Iap (Istituto di autodisciplina pubblicitaria) che decise di censurare la campagna di quei jeans “per la sua manifesta volgarità”. Aggiungo una curiosità: la pronuncia è firmata da Francesco Saverio Borrelli, il futuro giudice di Tangentopoli.
originalQuanto alle parolacce in pubblicità: non sono né favorevole né contrario a priori. Se sono davvero creative e spiritose, non mi scandalizzerei: la parolaccia, infatti, è un ingrediente essenziale della comicità. E, a volte, della schiettezza: nel 1995, Roberta, nota marca di biancheria intima, lanciò un paio di slip che slanciavano i glutei. Lo slogan era: “Culo basso? Bye bye”. Ebbene, questa pubblicità – diversamente dal solito – non fu censurata: la società produttrice degli slip si difese sostenendo che “l’espressione ‘culo basso’ non era usata per volontà di involgarire o di choccare, per per chiarezza e immediatezza di espressione”.
Insomma, per farsi capire senza tanti giri di parole, e con la giusta ironia e spregiudicatezza. Una scelta che si rivelò vincente: con quello slogan Roberta vendette 178.000 capi del prodotto, contro una media di 85.000: più del doppio!
Per concludere: la parolaccia aiuta certamente ad attirare l’attenzione, ma se non esprime un’idea, un’ironia, un’emozione, è solo uno scandalo fine a se stesso. La parolaccia da sola non fa miracoli. E’ uno strumento al servizio della creatività, ma non può sostituire la creatività: non solo negli spot, ma anche nei libri, nei film, nelle canzoni….

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