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Parolacce: la “Top ten” del 2018

La classifica delle parolacce dell’anno: siamo alla 11ma edizione (montaggio disegno Shutterstock).

Quali sono state le parolacce più notevoli del 2018, in Italia e nel mondo? In questo articolo trovate la “Top ten” dell’anno: i 10 insulti più emblematici e divertenti fra quelli riportati dalle cronache nazionali e internazionali.
Come per le precedenti edizioni, ho selezionato gli episodi con 3 criteri: il loro valore simbolico, le loro conseguenze e la loro carica di originalità. Sono episodi rivelatori: fanno sorridere ma anche riflettere.
Molti casi arrivano dalla politica, che è diventata un ring con insulti da stadio (e non solo in Italia). Diversi casi anche dallo sport, dall’economia e dallo spettacolo. E’ straordinario vedere come una parola scurrile possa stupire, ferire, generare reazioni a catena, e quasi sempre mettere in difficoltà chi la dice. Tornando indietro come un boomerang.
E quest’anno chi è il vincitore assoluto? Personalmente sono indeciso fra Trump, Dolce&Gabbana e la stagista della Nasa… E per voi qual è l’insulto più notevole del 2018?

DIPLOMAZIA ADDIO

«Perché facciamo venire qui tutte queste persone da Paesi di merda?».

DONALD TRUMP, presidente degli USA

Washington, Casa Bianca, 11 gennaio

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IL FATTO

La lettera di protesta dell’Unione Africana.

Il presidente Donald Trump incontra alcuni membri del Congresso nello Studio Ovale. A parlamentari e senatori che gli chiedono di non togliere lo status di protezione a migliaia di immigrati da Haiti, El Salvador e da alcuni Paesi africani, Trump ha risposto con la frase: “Perché stiamo facendo venire qui tutte queste persone da Paesi di merda?”. In inglese shithole è letteralmente il “buco per la merda”, ovvero la latrina.
Appena la notizia si è diffusa, sollevando un’ondata di indignazione, Trump si è affrettato a ridurne la portata:  ha ammesso di aver usato un linguaggio forte, ma non quelle parole. “Gli Stati Uniti – ha cercato di correggersi – sarebbero costretti a prendere un gran numero di persone ‘da paesi ad alta criminalità e messi male”.
Ma ormai la frittata era fatta, con conseguenze planetarie:  il governo del Botswana ha convocato l’ambasciatore americano per ricevere chiarimenti; El Salvador ha chiesto ufficialmente “rispetto” al presidente americano; l’ambasciatore americano a Panama, John Feeley è arrivato a dimettersi per la vergogna.
Ma non è tutto: l’Unione Africana (Ua), l’organizzazione che rappresenta i 55 Stati del continente, pretende delle scuse dal presidente Donald Trump per le sue parole offensive. “L’Unione Africana intende esprimere la sua rabbia, la sua delusione e indignazione per questo sfortunato commento”, ha dichiarato la rappresentanza dell’Unione Africana presso la Nazioni Unite, dopo una riunione d’emergenza sul caso. Gli ambasciatori africani hanno espresso “preoccupazione per la costante e crescente tendenza dell’amministrazione Usa a denigrare il continente africano e le persone di colore” e hanno condannato “le indegne, razziste e xenofobe affermazioni del presidente degli Stati Uniti” reclamando “che vengano ritrattate”.

Il Trump hotel con la scritta “Shithole”.

Sferzante il commento dell’ex presidente del Messico, Vicente Fox: “la tua bocca è il cesso più schifoso del mondo. Con quale autorità proclami chi è il benvenuto in America e chi no? La grandezza dell’America è costruita sulla diversità, o hai dimenticato il tuo passato di immigrato, Donald?”.
Ma c’è chi non si è limitato alle parole. Robin Bell, un artista, ha proiettato un messaggio luminoso sul Trump International Hotel di Washington. Nel messaggio si legge proprio “shithole”,” (“Non sei un cittadino di Washington? Hai bisogno di un posto dove stare? Prova il nostro cesso. Questo posto è un cesso”).

CHI LA FA, L'ASPETTI

Fa il dito medio agli autovelox: condannato a 8 mesi di carcere

Timothy Hill, manager

Grassington (UK), 24 aprile 2018  

 

 

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IL FATTO
Timothy Hill, 67 anni, è il manager di un’azienda britannica che vive a Grassington. Stufo di dover fare i conti con gli autovelox sparsi lungo le strade del North Yorkshire, ha montato sulla sua auto un dispositivo antilaser, capace di confondere i sensori dei rilevatori di velocità. Così, sicuro di farla franca, tutte le volte che passava davanti a una telecamera di un autovelox, gli esibiva il dito medio in un gesto di scherno. Non sapeva, però, che quegli apparecchi erano dotati anche di fotocamera. E la posa non è passata inosservata agli agenti della polizia locale, che dalla targa della sua Range Rover sono riusciti lo hanno identificato con facilità.E i giudici non hanno avuto scrupoli nel condannarlo: gli è stata inflitta una pena di 8 mesi di reclusione più la revoca della patente per un anno, per aver tentato di ostacolare il corso della giustizia. «Se vuoi attirare la nostra attenzione, gesticolare ripetutamente ai furgoni della polizia con il tuo dito medio mentre guidi un’auto dotata di un antilaser è un ottimo modo per farlo. Ed è anche un ottimo modo per finire in prigione», ha dichiarato alla stampa un agente della polizia stradale. Che, però, alla fine non è riuscita a rilevare la velocità dell’auto: magra consolazione.
 

LA PRIMA PAGINA PIÙ VOLGARE

Ma vaffancrucco

quotidiano “Il Tempo”

26 maggio 2018

 

 

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IL FATTO
 Sono passati quasi 3 mesi dalle elezioni, e ancora l’asse Movimento 5 stelle-Lega non è ancora riuscito a formare il governo. Ma nel frattempo non risparmia stoccate verso l’Unione Europea.

L’articolo dello “Spiegel” sugli scrocconi.

In quei giorni, al culmine del braccio di ferro, il settimanale tedesco “Der Spiegel” pubblica online un articolo intitolato “Gli scrocconi di Roma”. Come si dovrebbe definire il comportamento di una nazione – si legge nel pezzo – che prima chiede qualcosa per lasciarsi finanziare il suo proverbiale “dolce far niente“, e poi minaccia coloro che dovrebbero pagare se questi insistono sul regolamento dei debiti? Chiedere l’elemosina sarebbe un concetto sbagliato. I mendicanti almeno dicono grazie, quando gli si dà qualcosa». E ancora: «In effetti si procede verso il ricatto, rispetto all’Italia la Grecia è una bazzecola».

La copertina di “Woche” sull’Italia.

E sulla copertina di “Woche” l’inserto del quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung, è apparso il titolo “Mamma mia!”, sul disegno di un’apecar con la bandiera italiana (e coi simboli di Lega e M5s) che precipita in un burrone, mentre il guidatore fa il gesto dell’ombrello. Sottotitolo: «Perché l’Italia è la grande bambina problematica dell’Europa”.
Di fronte a queste prese di posizione, il quotidiano “Il tempo” rilancia, sparando in copertina il titolo: “Ma vaffancrucco”. Un doppio insulto: una maledizione (il vaffa) con l’aggiunta di uno spregiativo etnico contro i tedeschi (crucco).
Un modo estremo, scrive il giornale, per reagire a un “disprezzo antropologico, prima ancora che un pregiudizio politico”. L’articolo si conclude con un colpo di clava: il giornale invita i tedeschi a rivedersi il film “La grande guerra”, dove nel finale due soldati italiani danno della “faccia di merda” a un tedesco che voleva costringerli a rivelare la strategia del nostro esercito.
Il titolo del “Tempo” entrerà nella classifica delle prime pagine più triviali, insieme alla “Patata bollente” dedicato alla sindaca di Roma Virginia Raggi (titolo peraltro condannato per sessismo dall’Ordine dei giornalisti).

 

COMUNICAZIONE BOOMERANG

«Cina Paese di merda, ignorante, sporco, puzzolente, mafia». Poi, scuse globali.

Stefano Gabbana su Instagram  

23 novembre 2018  

 

 

 

 

 

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IL FATTO
La griffe di moda Dolce & Gabbana sta promuovendo una sfilata prevista a Shanghai, in Cina. e lo fa con 3 video pubblicitari che mostrano una ragazza cinese alle prese con alcuni piatti tipici della cucina italiana: pizza, spaghetti e cannolo. In tutti e tre i casi la ragazza usa in modo goffo le bacchette, con una voce maschile fuori campo che la guida. Malizioso il video del cannolo, in cui la voce le domanda «E’ troppo grande per te?».

Un fotogramma dello spot (cannolo) di D&G.

I video (potete vederli qui) vengono subito contestati sui social network cinesi, sia per il sessismo sia perché perpetuano l’immagine dei cinesi come persone ignoranti, che usano le bacchette per mangiare anche i cibi occidentali. Le critiche fioccano anche su Instagram dall’account @DietPrada (1 milione di followers) a cui lo stesso Gabbana replica che secondo lui i video erano belli e divertenti. Ma in breve la discussione degenera: Gabbana arriva a scrivere che «la Cina è un paese di merda (scritto con gli emoji), ignorante, sporco e puzzolente e mafia».
La conversazione diventa virale, con conseguenze devastanti per gli stilisti: la loro sfilata viene annullata, e diverse piattaforme di e-commerce cinesi rimuovono i prodotti del marchio.
A quel punto non si poteva più far finta di nulla: inizialmente Gabbana ha detto che il suo account Instagram era stato hackerato. Ma la giustificazione non ha retto: nei mesi precedenti lo stilista era stato protagonista di altri attacchi sguaiati, per esempio contro Selena Gomez ed Heather Parisi. E gli stilisti non potevano permettersi di perdere il mercato cinese dove hanno 25 punti vendita. Così hanno pubblicato su YouTube un video di scuse, registrato davanti alla parete di seta rossa del loro quartiere generale. Con le facce contrite i due stilisti dicono una frase ciascuno, in un discorso di 1 minuto e 25 secondi: «In questi giorni – dice Domenico Dolce – abbiamo ripensato tantissimo, con grande dispiacere a quello che è successo e che abbiamo causato nel vostro paese e ci scusiamo tantissimo. Le nostre famiglie ci hanno sempre insegnato a rispettare le varie culture di tutto il mondo e per questo vogliamo chiedervi scusa se abbiamo commesso degli errori nell’interpretare la vostra…. Siamo sempre stati molto innamorati della Cina, l’abbiamo visitata, amiamo la vostra cultura e certamente abbiamo ancora molto da imparare per questo ci scusiamo se abbiamo sbagliato nel nostro modo di esprimerci». E Gabbana non tira più in ballo gli hacker: «vogliamo anche chiedere scusa a tutti i cinesi nel mondo perché ce ne sono molti e prendiamo molto seriamente questa scusa e questo messaggio. Faremo tesoro di questa esperienza e sicuramente non succederà mai più, anzi proveremo a fare di meglio, rispetteremo la cultura cinese in tutto e per tutto. Dal profondo del nostro cuore vi chiediamo scusa».
Insomma, una pubblica umiliazione su scala globale: non si era mai visto un atto di contrizione di queste proporzioni. Una versione moderna del “pubblico ludibrio”, per motivi economici.
Qui sotto, il video delle scuse di Dolce & Gabbana:

 

 

BESTEMMIA PRESIDENZIALE

Chi è questo stupido dio? Quel figlio di puttana è stupido se è andata così».

 Felipe Duterte, presidente delle Filippine

22 giugno, Davao, technology summit  

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IL FATTO
Il presidente delle Filippine, Felipe Duterte, non ha riguardi per nessuno. Dopo aver insultato il papa, l’Onu, Barack Obama e l’Unione Europea (vedi il mio articolo qui), ora è riuscito ad andare oltre, insultando perfino Dio.
Il fatto è avvenuto a Davao, durante un summit tecnologico. Ospite della manifestazione, ha iniziato, fra il serio e il faceto, a dire le sue opinioni sul racconto biblico del peccato originale. Dopo aver ricordato la storia di Adamo ed Eva e del serpente, Duterte ha detto: “Tu hai creato qualcosa di perfetto, e poi pensi di creare un evento per tentarlo e distruggere la qualità del tuo lavoro. Chi è questo stupido dio? Quel figlio di puttana è stupido se è andata così. Quella era l’azione di tua madre e tuo padre, non eri ancora nato, ma ora hai il peccato originale. Che tipo di religione è?  Questo non posso accettarlo, è un’affermazione molto stupida».
La sua sparata, detta in modo pacato, come una chiacchiera tra amici al bar, ha creato sconcerto in un Paese dove oltre il 92% della popolazione è di fede cristiana. Perfino diversi suoi alleati hanno preso le distanze.
Il vescovo di Sorsogon Arturo Bastes  ha attaccato il capo di Stato:  «La tirata di Duterte contro Dio e la Bibbia rivela che si tratta di uno psicopatico, una mente anormale che non avrebbe dovuto essere eletta come presidente della nostra nazione civile e cristiana»  e ha esortato i filippini a pregare per mettere fine alle sue «affermazioni blasfeme e le tendenze dittatoriali». «Come può essere un presidente per tutti i filippini se non rispetta i fedeli cattolici?», ha scritto su Facebook il vescovo Pablo Virgilio David.
Anche il Consiglio delle Chiese evangeliche delle Filippine ha definito “assolutamente inappropriato per il presidente della nostra nazione maledire in modo beffardo il Dio della fede cristiana che è profondamente venerato dalla maggioranza dei filippini”.
Il portavoce di Duterte, Harry Roque, ha difeso le esternazioni del presidente, sostenendo che abbia il diritto di esprimere le sue opinioni sulla religione. Non ha mai nascosto questo tipo di linguaggio quando correva per le presidenziali, accettate che è fatto così».
Duterte, comunque, ha un rapporto teso con la Chiesa cattolica, i cui leader lo hanno criticato per le esecuzioni sommarie che hanno caratterizzato la sua guerra alla droga.
Qui sotto, il video con le affermazioni di Duterte:

 

VAFFA PARLAMENTARE

«Per anni non ci avete cagato di striscio… Ma andatevene un pò affanculo!».

Matteo Dall’Osso, deputato M5s

Camera dei Deputati, Roma, 7 agosto

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IL FATTO
E’ agosto, e in una delle ultime sedute prima della pausa estiva alla Camera si sta discutendo il decreto di riordino dei ministeri. Fra le ipotesi in discussione c’è l’introduzione di un nuovo dicastero, quello per la Famiglia e i disabili. L’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi (Pd) critica l’iniziativa, sostenendo che fosse un’ulteriore forma di discriminazione: “fa tornare indietro il Paese di 80 anni, significa cancellare in un sol colpo le battaglie per affermare il principio sacrosanto che i disabili sono come gli altri, solo con bisogni specifici, cui dare risposta. Non ha senso un ministero della segregazione, un ministero per differenziare le persone le une dalle altre”. Le ha risposto Matteo Dall’Osso, esponente bolognese del Movimento 5 stelle affetto da sclerosi multipla: “In uno Stato normale avrebbe anche ragione la Boschi e tutti gli interventi di prima. Ma siccome in uno Stato normale non siamo, dico che è assurdo. Come si fa a pensare… Un disabile deve essere tutelato! A noi non ci ha cagato di striscio nessuno e adesso vi ribellate perché abbiamo creato un ministero… Ma andatevene affanculo, va!”.
La frase ha suscitato vivaci proteste dal Pd e da Forza Italia. Alla fine, il ministero per la famiglia e le disabilità è nato, ma la polemica di Dall’Osso non è terminata: all’inizio di dicembre, infatti, Dall’Osso, sentendosi “solo, umiliato e tradito” dal suo partito, che aveva bocciato un emendamento che potenziava il fondo per i disabili, ha abbandonato il M5s per passare a Forza Italia.
Qui sotto, il filmato con l’intervento di Dall’Osso:

 

OFFESA ALLA BICI

«Cazzo di bici, cazzo di bici, cazzo di bici! Si è bloccato il cambio!».

Fabio Aru, ciclista UAE Team Emirates

12 settembre, 17a tappa della Vuelta, giro ciclistico di Spagna  

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IL FATTO
Al Giro di Spagna, Fabio Aru, un ciclista sardo di 28 anni che corre per la UAE Team Emirates, cade rovinosamente a terra alla velocità di 70 km orari. E a meno di 7 km dal traguardo. Riporta vistosi strappi alla divisa, gli esce sangue dal fondoschiena.  Si rialza a fatica, e con le lacrime agli occhi inizia a urlare: “Cazzo di bici, cazzo di bici, cazzo di bici! Si è bloccato il cambio!”. L’ urlo, evidenziato con un gesto delle braccia, è ripetuto tre volte in faccia a Joxean Fernández Matxin, il team manager della UAE-Emirates, e a Giuseppe Archetti, capomeccanico del team e della Nazionale.
I due restano lì ammutoliti. Poi Aru, pantaloncino e maglietta squarciati tra lombi e glutei, qualche strisciata di sangue, riparte. Chiuderà la gara all’84° posto, a 14’14” dal vincitore, il canadese Michael Woods.
Ma lo sfogo rabbioso di Aru a bordo strada è andato in mondovisione. E non è andato giù a Ernesto Colnago, titolare dell’omonima azienda di biciclette usate da Aru: «Ci sono rimasto male» ha detto. «Ho servito migliaia e migliaia di corridori e un’offesa così, in televisione, non l’avevo mai subita. Però almeno Aru mi ha chiamato al telefono ed è stato un quarto d’ ora a scusarsi. Lo capisco, perché è una stagione che gli gira tutto male e quando è così anche le galline fanno fatica a fare le uova. Però gli ho spiegato che è un professionista, che la ruota gira. Poi, non ho capito, ma se si fosse bloccato il cambio mica sarebbe caduto. Si sarebbe fermato, non caduto. Che colpa ne ha la bici?». 
Infatti la bici non c’entrava, come ha poi chiarito Matxin, il team manager della Uae: «Gli si era incastrata la catena sull’ 11 e con la mano l’ha tirata per sbloccarla e metterla sul 12. Nel guardare sotto, a 70 km all’ ora è caduto. La sua  reazione non è stata bella. Ma è stata una reazione di pancia. E’ andato giù a quella velocità, con le pulsazioni a 200. S’ è spaventato, lo capisco. Cosa avrebbe detto qualsiasi altra persona o corridore? “Caspiterina“?».
Qui sotto, il video con lo sfogo di Aru:

 

 

LO STAGE PIÙ BREVE DELLA STORIA

«Chiudete tutti quella cazzo di bocca. Mi hanno preso per uno stage alla Nasa». Licenziata.

@NaomiH_official, su Twitter

22 agosto

 

 

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IL FATTO

E’ estate, e una giovane americana, una non meglio identificata NaomiH, twitta un messaggio di giubilo: “Everyone shut the fuck up. I got accepted for a Nasa Internship”, ovvero “Chiudete tutti quella cazzo di bocca. Mi hanno preso per uno stage alla Nasa”.
Poco dopo, un tale Homer Hickam le risponde “Occhio al linguaggio”. Ma lei non arretra, anzi rilancia: “Succhiami l’uccello e le palle, lavoro alla Nasa” (Suck my dick and balls, I’m working at Nasa”).
Peccato che il signor Hickam non fosse un moralista qualunque: gli ha risposto infatti “E io sono nel Consiglio nazioanale dello spazio che sovrintende sulla Nasa”.
Risultato: Naomi è stata silurata dalla Nasa alla prima giornata di stage. La figuraccia su Twitter, grazie agli hastag, ha richiamato l’attenzione dell’Agenzia spaziale, che ha preferito rimuovere la stagista troppo focosa.
Da quel momento Naomi si è presa una pausa di riflessione da Twitter. Hickam ha detto che Naomi l’ha contattata, e dopo aver visto il suo curriculum ha detto che comunque merita un posto nell’industria aerospaziale. Insomma, la figuraccia dovrebbe aver avuto un lieto fine. Anche se ha fatto il giro del mondo, rilanciata da molti giornali come l’Independent.  

 

INSULTO ONORIFICO

«Tu non sei razzista: sei stronzo!». E Mattarella la premia

Maria Rosaria Coppola

Napoli, 3 novembre  

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IL FATTO
Siamo sulla Circumvesuviana, una delle linee ferroviarie nell’area di Napoli. A un certo punto, un giovane passeggero aggredisce un cingalese, urlandogli «Negro di merda». Tra i passeggeri del treno, una donna di 62 anni ha il coraggio di affrontarlo: si chiama Maria Rosaria Coppola, e fa la sarta alla sede napoletana della Rai. La donna alza la voce, dicendo al ragazzo: «Sei un razzista, vergognati!» e gli intima di smetterla. Lui si inalbera, dicendo che gli immigrati «Se ne devono andare, l’Italia è nostra». La donna gli risponde: «Preferisco che sia loro l’Italia e non tua». Il battibecco continua: davanti al giovane che continua a minacciare lo straniero, la donna gli dice: «Se ti vedo alzare un pugno, prendo l’ombrello e te lo scasso in testa».

Il logo ispirato dall’episodio sulla Circumvesuviana.

Il ragazzo, però, continua fieramente a proclamarsi razzista, al che la signora gli risponde: «Tu non sì razzista, tu sì strunz», ovvero «Tu non sei razzista, sei stronzo» (per il significato di “strunz” in napoletano, vedi il mio articolo qui).
La scena, ripresa con il telefonino da un passeggero, in poco tempo diventa virale su Internet. Con conseguenze inattese: la signora Coppola, pochi giorni dopo l’episodio, ha ricevuto il premio “Cittadina coraggiosa” da Umberto De Gregorio, presidente dell’Eav (Ente Autonomo Volturno, che gestisce la linea ferroviaria Circumvesuviana).
E ha ispirato un mediatore culturale, Mr Sharif, a creare un logo: ombrello, guanto da pugile e la storica frase “Tu nun sì razzista, sì strunz”.
Ma non è finita qui: a fine anno, la signora Coppola è stata nominata Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Per il coraggio e lo spirito di iniziativa con cui ha pubblicamente difeso un giovane straniero vittima di una aggressione razzista». Credo che sia il primo caso al mondo di onorificenza guadagnata (anche) grazie a un insulto. Anche se, in realtà, più della reattività della donna colpisce l’inazione di tutti gli altri passeggeri. Infatti i premi vinti dalla signora Coppola nascondono una verità amara: indignarsi di fronte a un sopruso razzista è una reazione normale; diventa un atto di eroismo perché la nostra società è diventata indifferente ai soprusi. 
Va ricordato, comunque, la primogenitura di quella frase non è della signora Coppola, bensì di Gianfranco Micciché (Forza Italia), presidente dell’assemblea della Regione Sicilia, e risale allo scorso agosto, quando il ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva bloccato a Catania la nave Diciotti della Guardia Costiera con a bordo 190 migranti per cavalcare mediaticamente il caso e strappare più aiuti sulla questione migranti dall’Unione Europea. 
Miccicchè, dopo aver visitato i migranti a bordo della nave, scrisse un intervento indignato su Facebook: «Salvini, non agisci così perché intollerante o razzista. Perché nel lasciare 190 persone per tre giorni in balìa di malattie e stenti su una nave non c’entra niente la razza o la diversità, c’entra l’essere disumani, sadici. E per cosa poi, per prendere 100 voti in più?  Salvini, fattene una ragione, non sei razzista: sei solo stronzo». A questo intervento è seguita la reazione sdegnata della Lega, indignata per «i toni violenti e il linguaggio indecoroso». E l’episodio ha ispirato un artista, Domenico Pellegrino, che ha creato una luminaria con la scritta “Stronzo” (potete vederla qui). 
Nel video qui sotto, il battibecco fra la signora Coppola e i giovane sul treno:

HATERS IN MUSICA

«Fate cagare, siete delle merde fake…»

I Masa, “La canzone degli haters”

YouTube, 21 novembre   

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IL FATTO

I Masa sono un duo di giovani musicisti-cabarettisti di Fidenza (Parma). Si chiamano Alessandro Basini e Andrea Dalla Giovanna, e sono capaci di suonare più di 20 strumenti musicali differenti nelle loro esibizioni. Dopo aver collezionato commenti di ogni genere sui loro video pubblicati su YouTube e Facebook, hanno deciso di raccogliere quelli degli “haters” e trasformarli nei versi di una canzone,  “La canzone degli haters” per l’appunto. Fra le strofe: “Fate cagare, siete delle merde fake“, “Ridicoli“, “Coglioni“, “Imbecilli“…
Un esperimento originale, che ha superato le 275mila visualizzazioni su YouTube. Il brano, infatti riesce a far sorridere grazie all’ironia degli interpreti e alla melodia giocosa. Gli odiatori del Web si possono battere anche così. Col sorriso. Perché in fondo le parolacce sono solo parole.
Qui sotto il video della “Canzone degli haters”:

 

Di questo articolo hanno parlato AdnKronos, Yahoo notizie, Il Secolo d’Italia.

Se volete leggere le classifiche dei 10 anni precedenti, potete cliccare sui link di seguito: 2017, 2016, 2015, 2014, 2013, 2012, 2011, 2010,  2009 e 2008. Buon anno!

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