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Le parolacce degli svizzeri

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Le donne svizzere dicono meno parolacce degli uomini (elaborazione foto Shutterstock).

Forse il detto “Bestemmiare come un turco” andrebbe aggiornato in “Bestemmiare come uno svizzero”. Anzi: come un ticinese. Lo dice una ricerca fatta da due studentesse universitarie svizzere, Gaia Bossi e Gloria Mihaljevic, per l’Università di Scienze applicate di Zurigo.
Le due universitarie hanno fatto un sondaggio sull’uso delle parolacce nel Canton Ticino, l’enclave di lingua italiana in territorio svizzero. Risultato: 2 uomini su 3 (il 63,3%) affermano di bestemmiare, spesso o ogni tanto. E’ vero che il loro campione è rappresentativo soprattutto degli svizzeri maschi fino a 24 anni; ed è altrettanto vero che mancano dati di confronto sull’Italia. Ma il dato mi pare rilevante: basti dire che  nel volgarometro (il mio sondaggio sul grado di offensività delle parolacce italiane) le bestemmie sono risultate le espressioni più offensive in assoluto, nonostante 1/3 del campione si fosse dichiarato ateo.

Lo studio delle due giovani svizzere, per la laurea in Lingue applicate, è una delle numerose di tesi laurea ispirate al mio libro e a questo blog. Pur scontando – inevitabilmente: le parolacce sono un tema complesso – alcune ingenuità interpretative e metodologiche, la TesiSvizzera, intitolata “Non ho parole, solo parolacce”, merita di essere raccontata, per almeno due motivi. Primo: è una ricerca sul campo; secondo: è stata fatta nella più grande enclave di parlanti italiani all’estero: il Canton Ticino, in Svizzera.

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Mappa delle lingue parlate in Svizzera.

La Svizzera, infatti, è una delle poche nazioni estere che hanno l’italiano fra le lingue ufficiali. Perché la quantità di parlanti è elevata: si stima siano 525.000 persone (il 6,8% della popolazione) soprattutto nel Canton Ticino, dove  l’83,1% dei residenti (circa 287.974 ) sono di madrelingua italiana. Ciò non impedisce, peraltro, che in Canton Ticino l’aggettivo “taglian” (italiano) sia uno spregiativo etnico, al pari del nostro “terrone”. L’italiano parlato in Svizzera è una lingua spuria, perché ha le forti influenze dialettali del ticinese e del comasco, due varianti del lombardo. Per esempio, la ricerca ha evidenziato un uso abbastanza diffuso dei termini dialettali badina, badinbadela (i termini sono sinonimi di “terrone”: letteralmente sono i badilanti, gli operai immigrati), bambela (citrullo), gnurantoni (ignorantoni),rembambiti (rimbambiti), rompabal (rompiballe),  taglian e talian (spregiativo per “italiano”), terun (terrone). Per la loro traduzione, potete usare questo efficace motore di ricerca degli elvetismi.

E c’è anche un’influenza marcata dell’inglese: sia perché la Svizzera è un Paese internazionale, con molti immigrati provenienti da tutto il mondo; sia perché l’inglese è la lingua dei giovani, che sono i veri protagonisti di questo studio. In Ticino si stanno diffondendo le parolacce inglesi, sia in originale (bitch, fucking) sia come traduzioni (cagna, che è la traduzione letterale di bitch).

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Il dito medio: anche in Svizzera si usa il “vaffa” (foto Shutterstock).

Ancora più interessante il sondaggio sulla diffusione delle parolacce in Svizzera: qui potete vedere la versione del test per gli uomini, qui quella per le donne. Al sondaggio hanno partecipato 2.283 persone: un numero considerevole, ma purtroppo poco rappresentativo della popolazione ticinese. Il campione infatti era sbilanciato sulla componente femminile (61,7%) e giovane (soprattutto la fascia 18-24 anni).
Detto questo, veniamo ai risultati. Primo fra tutti, l’uso delle bestemmie, diffuso fra il 15,4% delle donne e ben il 63,3% degli uomini (il 32,8% afferma di dirle spesso, il 30,5% ogni tanto). Il motivo di tanta diffusione? Forse la Svizzera è anticlericale come il Veneto, l’Umbria e la Toscana, le regioni italiane dove si bestemmia di più? Difficile dirlo: il 75% dei ticinesi è cattolico, ma forse fra i giovani (la categoria più numerosa del sondaggio) prevale un atteggiamento agnostico.

In generale, più della metà dei partecipanti afferma di dire parolacce spesso, più volte al giorno, più per sfogarsi (per un dolore, problemi tecnici o il traffico) che per enfatizzare, colorire le frasi o per abitudine. Le dicono più spesso gli uomini (69,3%) rispetto alle donne (52,8%). Altro dato interessante, le parolacce considerate più offensive dagli uomini e dalle donne:  per le donne sono “figlia di puttana” (62,6%), “puttana” (57,9%) e “cagna” (38,6%).  In generale, le donne risultano più sensibili agli insulti sull’aspetto fisico (cesso, cicciona) e dagli insulti in generale: un risultato, questo, confermato anche da molte altre ricerche fatte in diverse parti del mondo. Per gli uomini i termini più offensivi risultano: “figlio di puttana”, “vigliacco” e “ritardato”. Solo il 15,7% si sente offeso se viene chiamato “checca” (percentuale simile a quella di “taglian”, italiano). Forse i giovani maschi svizzeri sono meno omofobi dei loro colleghi italiani? Le due studentesse hanno anche verificato la conoscenza delle parolacce: in Svizzera risultano poco conosciuti i termini dialettali soffocotto (rapporto orale) e chiavica (cesso).

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Alcune delle parolacce più usate in Svizzera (elaborazione foto Shutterstock).

Esaminando i commenti su Facebook di varie testate di notizie gossip e satira (Rumors Ticino, Gossip Ticino, Ticinonline, Mattinonline, il Diavolo) è emerso che sono state scritte nel 69,5% dei casi dagli uomini, e nel 30,5% dalle donne. Le più usate dagli uomini: cazzo, ignorante, coglioni; dalle donne: cazzo, merda e coglioni. Infine, le studentesse hanno registrato l’uso di alcuni neologismi nel gergo giovanile: bimbominkia (utente del Web che si comporta in modo provocatorio, scorretto e fastidioso), figheggiare (andare in giro a fare il figo), fottesega (non importa una sega), fottivendolo (prostituto? cazzaro?), scopamici/trombamici (sul calco di “sex friend”: amici di letto).

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