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La scienza studia la “faccia da stronzo”

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“Faccia da stronza”: T-shirt ironica di Missguided (Uk).

La riconosciamo subito. E altrettanto velocemente la rifiutiamo: “Quella faccia da stronzo!!!”… Ma che cosa significa in realtà questa espressione? E perché ci dà tanto fastidio? Rispondere non è facile: quel tipo di faccia – una specie di broncio, una faccia da schiaffi – sappiamo individuarla, ma non descriverla a parole. Anche perché, come raccontavo in questo post, “stronzo” è una parola polisemica, cioè con molti significati, su cui di solito non ci fermiamo a riflettere.
E la questione è complicata da un altro fatto: la faccia da stronzo non coincide necessariamente con la stronzaggine: uno stronzo ha sempre, inevitabilmente, una faccia da stronzo; ma non vale il contrario: non tutte le facce da stronzi appartengono a stronzi. Si può avere quell’espressione perché si è momentaneamente imbronciati, assorti, sovrappensiero, di malumore. O semplicemente perché si ha un viso indecifrabile o sgradevole, che viene frainteso in modo negativo: “Quel tipo deve essere incazzoso“.

Oggi, però, c’è un metodo oggettivo per definire, senza ombra di dubbio, che cosa sia una “faccia da stronzo”: merito dell’informatica applicata allo studio delle espressioni facciali. Jason Rogers e Abbe Macbeth, ricercatori della Noldus (una società olandese specializzata in software per lo studio dei comportamenti) hanno esaminato decine di “facce da stronzi”, che in inglese si rendono con l’espressione “resting bitch face”, faccia da cagna a riposo.

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Il viso di Kayne West analizzato dal software “Face reader”.

I ricercatori hanno usato un software di riconoscimento delle espressioni emotive sulla mimica facciale, chiamato “Face Reader”. Il programma è in grado di riconoscere e misurare le emozioni umane fondamentali: felicità, tristezza, rabbia, paura, sorpresa, disgusto, disprezzo. Così i ricercatori hanno registrato con questo programma quanto “pesassero” le varie emozioni nelle espressioni neutre; poi le hanno messe a confronto con i volti di alcune celebrità note nel mondo anglosassone per quella faccia “un po’ così”: dalla regina Elisabetta all’attrice Kristen Stewart, dalla stilista Victoria Beckham al rapper Kayne West.
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Il risultato è stato illuminante: la faccia da stronzo aveva una percentuale quasi doppia di disprezzo (il 5,76%) sul totale delle emozioni espresse, rispetto alle facce “normali” (nelle quali il disprezzo pesava per il 3,2%). Il disprezzo, infatti, è espresso ritirando una parte del labbro, sollevando un po’ gli angoli delle labbra (in un sorriso sforzato), strizzando leggermente gli occhi. E questo spiega la sensazione di disagio che questa espressione suscita: non importa se quella faccia esprima davvero disprezzo o invece sia l’espressione di una persona timida, o assorta nei propri pensieri. Quando la vediamo, ci sentiamo giudicati, paragonati e svalutati. E quindi reagiamo rifiutandola.
Ma a volte capita di essere attratti da una persona con una faccia da stronzo, come ricorda un aforisma di Ennio Flaiano: “I grandi amori si annunciano in un modo preciso, appena la vedi dici: chi è questa stronza?”. Sentirci disprezzati, infatti, può spingerci a reagire per far cambiare idea a quella persona. Per poi magari prendersi la soddisfazione di scaricarla a nostra volta…  Anche perché, spesso, chi disprezza compra.

Di solito si tende ad accusare più le donne degli uomini di avere questa espressione: in realtà, spiegano i ricercatori, quell’espressione la si può trovare in ambo i sessi, ma “la notiamo in più nelle donne perché ci aspettiamo che siano più felici e sorridenti, e che vadano d’accordo con gli altri”. Nelle donne, comunque, i visi sprezzanti sono favoriti anche dal fatto che, con l’età, i lineamenti tendono a cadere, incupendo le espressioni.
Dunque, ecco perché non tutte le facce da stronzo appartengono a stronzi: si può assumere involontariamente un’espressione imbronciata perché si è sovrappensiero, senza accorgersi di dare segnali di disprezzo. Ecco perché è sempre meglio cercare di sorridere in modo aperto, per uscire dall’ambiguità della propria mimica facciale: altrimenti, si rischia di innescare equivoci. Come mostra questo video parodia, che lancia un appello a difesa di quanti hanno una faccia da stronzi senza esserlo…(in inglese, con sottotitoli attivabili).

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