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Cinema, le 13 battutacce diventate “cult”

“Sei tutto chiacchiere e distintivo!”. “Domani è un altro giorno”. “Io ne viste cose che voi umani non potreste immaginarvi”. Molte frasi cinematografiche sono uscite dalla pellicola per entrare nei nostri modi di dire. Fra questi, ce n’è anche di scurrili? Il cinema ha reso celebri anche espressioni a tinte forti, che contengono parolacce? La risposta è sì. Alcune battute del grande schermo sono diventate “cult”, stampate nella memoria e usate nella vita di tutti i giorni. Sono modi di dire del tutto originali, creati dall’attore o dal regista di turno, come la fantozziana “cagata pazzesca”. Altre, invece, sono espressioni che già esistevano, ma grazie alla particolare interpretazione di un attore o al contesto narrativo della trama hanno trovato nuova linfa, diventando popolari in tutta Italia, da “A cazzo di cane” (reso celebre dalla serie tv “Boris”) al “Dai cazzo!” del duo comico dei Soliti idioti. Tutte queste parolacce sono diventate celebri perché hanno reso più incisive e spettacolari le scene “clou” di molti film: ne hanno amplificato la resa con un “effetto speciale” linguistico. E proprio per questo si sono stampate subito nella memoria. Un’ulteriore riprova, casomai ce ne fosse bisogno, di quanti il grande schermo riesce a entrare anche nel nostro vocabolario, oltre che nell’immaginario.
L’elenco di queste battutacce è, probabilmente, solo parziale: chi vorrà segnalarne altre (nei commenti) è benvenuto.

Ringrazio il gruppo di cinefili Vividex per le preziose segnalazioni.


LAVORATOORI???!!! pernacchia e gesto dell'ombrello

“I vitelloni” di Federico Fellini, 1953

La scena è celeberrima: Alberto Sordi, in auto con due amici, passando davanti a un cantiere stradale, sbeffeggia gli operai con il gestaccio accompagnato dalla pernacchia. Una scena entrata nel mito. E racconta un episodio accaduto davvero a Fellini, quando era giovane: il fatto avvenne in una strada per Fiorenzuola (Piacenza). La scena si svolse proprio come nel film: dopo la pernacchia a un gruppo di operai, la loro auto, una Topolino, si fermò all’inizio di una salita, e i tre goliardi si salvarono da sicuro pestaggio fuggendo per le campagne (come racconta qui la vedova di uno dei protagonisti).

 

’IO HO CARTA BIANCA!’ ‘E CI SI PULISCA IL CULO!’

“I due colonnelli” di Steno, 1963

Totò interpreta il colonnello fascista Antonio Di Maggio, il quale riceve l’ordine dal maggiore Kruger, un nazista, di bombardare il paese e uccidere donne, vecchi e bambini per stanare i nemici inglesi. Ma Totò si rifiuta: «Io l’ordine di sparare non lo darò né ora né mai». Kruger lo minaccia: «Badate colonnello, che io ho carta bianca! (sono autorizzato a fare qualsiasi cosa, ndr)». E Totò gli risponde: «E ci si pulisca il culo!!!!». Una risposta liberatoria: una delle rare volte (come raccontavo qui) in cui Totò ha pronunciato una parolaccia.

 

 

BUTTANA INDUSTRIALE!

“Travolti da un insolito destino  nell’azzurro mare d’agosto” di Lina Wertmuller, 1974

Il film è uno dei film in cui l’uso delle parolacce tocca vette di rara creatività espressiva, come ho raccontato in un mio precedente articolo. Nel film sono presenti molti insulti creati dalla fantasia della regista. Il più celebre è buttana industriale, un rafforzativo grottesco di “puttana”.

Ma non è l’unico: c’è anche socialdemocratica (una forma di disprezzo per chi sta al centro ma strizza l’occhio alla sinistra), che diametro (= che culo), faccio quello che stracatacazzo (un rafforzativo di cazzo) mi pare, scarrafuciona (probabilmente un accrescitivo di scarrafona, scarafaggio), sottoschifo di cameriere…

LA SUPERCAZZOLA
 

“Amici miei”, di Mario Monicelli, 1975

La supercazzola è un’accozzaglia di parole reali e inesistenti, detta per confondere o prendere in giro un altro interlocutore. E’ un modo di parlare senza dire nulla, una frase priva di senso, composta da un insieme casuale di parole reali e/o inesistenti: viene esposta in modo ingannevolmente forbito e sicuro a interlocutori che, pur non capendo, alla fine la accettano come corretta. Il termine è utilizzato per indicare chi parla senza dire nulla. Pare che questo scherzo sia nato da una trovata dello scrittore e cabarettista Marcello Casco, che era solito farsi beffe del potere costituito, rappresentato da vigili urbani, soldati o carabinieri, riuscendo a tenere una conversazione senza senso anche per diversi minuti. Pare che in origine fosse chiamata “supercazzora”. Un esempio?

“Tarapìa tapiòco! Prematurata la supercazzola, o scherziamo?Antani, come se fosse antani, anche per il direttore, la supercazzola con scappellamento.”

 

È UNA CAGATA PAZZESCA!

Il secondo  tragico Fantozzi, di Luciano Salce, 1976

La scena è uno dei cult della comicità italiana. Nel film “Il secondo tragico Fantozzi” il professor Guidobaldo Maria Riccardelli impone ai suoi impiegati la visione di vecchi film d’autore, che lui venera. Una sera gli impiegati sono costretti a perdersi la finale della Nazionale di calcio ai Mondiali per vedere un film mattone, La corazzata Kotiomkin (storpiatura di Potëmkin, film muto di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn del 1925). Dopo la proiezione si apre il dibattito. Fantozzi, esasperato, sale sul palco e sentenzia: «Per me… La corazzata Kotiomkin… è una cagata pazzesca!». 92 minuti di applausi!!

Ma non è l’unica efficace invenzione linguistica di Villaggio (di cui mi sono occupato qui): i suoi film hanno portato in auge espressioni come “merdaccia”, “coglionazzo”, o i finti titoli onorifici dei mega presidenti, come “Gr ladr farabut di gr croc mascalz. assas. figl. di gr. putt.”…

EH LA MADONNA!
 

Numerosi film fra gli anni ‘70 e ‘80 interpretati da Renato Pozzetto

Non è strettamente una parolaccia, ma una profanità, ovvero un uso profano di una parola sacra. Pozzetto racconta in un’intervista com’è nata questa espressione: “Per mestiere poi ho inventato, creato, a partire dalle cose che ho sentito in giro. “Eh la Madonna”, ad esempio, era un’ invocazione popolare, dei muratori milanesi che si schiacciano il dito con il martello». Non sono riuscito a ricostruire in quale film l’abbia usata per la prima volta, sicuramente fra la fine degli anni ‘70 e gli anni ‘80.

L’espressione è stata usata in molti film, con marcato accento milanese, per esprimere sorpresa, indignazione, paura, rabbia, sconcerto e molto altro. E si è diffusa in tutta Italia (insieme ad altri modi di dire come “Taaac!” per esprimere la celerità dei milanesi nel risolvere situazioni).

TI INFILO QUEL BASTONE NEL CULO E TI SVENTOLO COME UNA BANDIERA

The Warriors – I Guerrieri Della Notte di Walter Hill, 1979

Il film racconta le vicende di varie gang nel Bronx. Mettendo in scena pestaggi fra bande e atti di vandalismo. La minacciosa battuta passata alla storia è pronunciata da uno dei Warriors contro i Baseball Furies armato di mazza da baseball. Un’iperbole tanto esagerata da diventare quasi comica.

 

IO SO’ IO E VOI NUN SIETE UN CAZZO!

Il marchese del Grillo di Mario Monicelli, 1981

Nella Roma papalina del 1809 il marchese Onofrio del Grillo (un Alberto Sordi in gran forma), nobile romano alla corte di papa Pio VII, trascorre le sue giornate nell’ozio più completo, frequentando bettole e osterie, coltivando amori clandestini e facendo scherzi. Una notte, viene arrestato dalla ronda pontificia per gioco d’azzardo e rissa. Il marchese dichiara subito che “può essere arrestato solo per ordine del cardinal vicario”, ma il capo delle guardie non gli crede. Mentre lo stanno per portare via, arriva il commissario che lo riconosce: lo lascia libero e per punizione mette in galera il capo delle guardie insieme ai clienti dell’osteria. Sordi, prima di salire in carrozza per andarsene, dice ai suoi compagni di gioco: “Mi dispiace. Ma io so’ io e voi non siete un cazzo”. Una frase spietata e diretta, che è passata alla storia. » Non è una creazione di Monicelli né di Sordi: è ripresa dal sonetto «Li soprani der monno vecchio» di Giuseppe Gioachino Belli («C’era una vorta un Re cche ddar palazzo mannò ffora a li popoli st’editto: “Io sò io, e vvoi nun zete un c****”, sori vassalli bbugiaroni, e zzitto»).

 

LURIDISSIMI VERMI

Full metal jacket, di Stanley Kubrick, 1987

Parris Island, Carolina del Sud, 1967. Nel campo di addestramento dei Marines, dei giovani coscritti vengono affidati al rude e spietato sergente maggiore Hartman, che in vista della spedizione in Vietnam li sottopone a un duro addestramento fisico, apostrofandoli con insulti mortificanti e soprannomi ignobili. Il monologo del sergente Hartman è passato alla storia: “Capito bene luridissimi vermi? Se voi, signorine, finirete questo corso, e se sopravviverete all’addestramento, sarete un’arma, sarete dispensatori di morte, pregherete per combattere. Ma fino a quel giorno siete uno sputo, la più bassa forma di vita che ci sia nel globo. Non siete neanche fottuti esseri umani: sarete solo pezzi informi di materia organica anfibia comunemente detta merda”.

A STRONZI, NDO STATE, CHE FATE, NDO ANNATE?

“Viaggi di nozze” di Carlo Verdone, 1995 

Ivano, giovane coatto di famiglia arricchita, sposa Jessica, sua copia esatta. Dopo una trasgressiva cerimonia, i due partono per un viaggio tra alberghi e discoteche, dove consumano rapporti sessuali in situazioni pericolose al grido di “O famo strano?”. Ma alla fine prevale la noia, il già visto e già fatto. Uno dei tormentoni del film è l’annoiato “A stronzi! Ndo state, che fate, ndo annate?” rivolto ai loro compagni di scorribande notturne. La frase è diventata celebre anche fuori dai confini di Roma.

Va detto che Carlo Verdone è uno dei maestri indiscussi nell’uso delle parolacce: le inserisce per spezzare il ritmo delle scene, inserendole nei contesti più inaspettati. Come un seggio elettorale: la scena finale di “Bianco, rosso e Verdone” (1981) è lo sfogo finale di Pasquale Amitrano, che si lancia in un monologo fiume dopo un intero film in silenzio: “Lo sapete che ve dico? Che andatevela a pijà tutti quanti ‘nder culo, arrivederci!”.

A CAZZO DI CANE

“Boris”, di Luca Vendruscolo, Mattia Torre e Giacomo Ciarrapico 2007-2010 

Questa mitica serie tv racconta  porta in scena, in maniera grottesca e caricaturale, il dietro le quinte di un set televisivo nel quale si sta girando una fiction. Una soap opera all’italiana, girata male e interpretata ancora peggio. Tanto che lo stesso regista René Ferretti (Francesco Pannofino) invita un valente attore Orlando Serpentieri (Roberto Herlitzka) a recitare pensando ad altro: “alla spesa, alla moglie, al tempo”, per ottenere così una recitazione “a cazzo di cane”.

“Boris”, oltre a essere una serie di gran valore, usa le parolacce in maniera magistralmente comica. Un’altra frase resa celebre dalla serie è “Bucio de culo!”, il tormentone del comico Nando Martellone:

DAI CAZZO!

I soliti idioti di Enrico Lando, 2011 

I soliti idioti è una sitcom italiana con Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio trasmessa da MTV per 4 stagioni dal 2009 al 2012. Dalla serie sono nati due film nel 2011 e 2012. Fra i vari personaggi dei film sono diventati popolari i protagonisti di “father & son”: un padre, Ruggero De Ceglie, e suo figlio Gianluca, agiati esponenti della Roma benestante, convivono in un grande appartamento. Ruggero è autoritario, volgare e disonesto, mentre il figlio è laureato, amante dell’arte e della tecnologia, sensibile ma anche assai ingenuo. Il padre è molto duro con lui e lo spinge costantemente a compiere azioni azzardate e immorali, lasciandolo sempre nei guai. La sua frase ricorrente, rivolta al figlio,  è proprio «Dai cazzo!». 

 

CHIÙ PILU Pì TUTTI

“Qualunquemente” di Giulio Manfredonia, 2011

Lo slogan è stato lanciato dal comico Antonio Albanese che nel film interpreta l’imprenditore calabrese Cetto La Qualunque. Un personaggio ignorante, sgrammaticato e senza scrupoli che pur di farsi eleggere si lancia in promesse demagogiche e irrealizzabili. Prima fra tutte, quella di assicurare “Chiù pilu pi tutti” (più figa per tutti) in caso di vittoria: una parodia delle promesse elettorali acchiappavoti (“ un milione di posti di lavoro”, “niente più immigrati clandestini”, “meno tasse” e così via). “Se mi voterete ci saranno giardini di pilu, parchi di pilu, tutto di pilu, evviva u pilu!”.

Questo grottesco ritratto dei politici demagoghi e corrotti ha avuto grande successo, rendendo popolari anche altri modi di dire dialettali come ‘ntu culu a tia, il malaugurio rivolto ai nemici, seguito dalla litania:Io non ti sputo, se no ti profumo. Io non ti piscio, ché ti lavo. Io non ti cago, ché ti inciprio”.

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