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Quando l’ortaggio è un oltraggio

Pubblicità dello studio Armando Testa: gioca sull’assonanza finocchio/Pinocchio.

Testa di rapa, citrullo, finocchio, zuccone… Alcuni insulti sembrano usciti dalla bottega di un ortolano. Quali sono queste offese? Esistono anche in altre lingue? E perché si ispirano proprio agli ortaggi? Negli ultimi tempi, uno di questi, la melanzana, sta avendo popolarità come emoji: è usato come simbolo fallico. Ma in questo post non parlo di vegetali usati in senso osceno come pisello, patata e molti altri: l’avevo già fatto in precedenti articoli (vedi sotto). Qui parlo invece dei vegetali usati come metafore offensive.
Ne sa qualcosa un politico dello Zambia, Frank Bwalya, che nel 2014 fu condannato a 5 anni di reclusione – come riferisce la Bbc –  per aver paragonato l’allora presidente Michael Sata a una patata. Parlando alla radio, Bwalya aveva definito il presidente a una “chumbu mushololwa”, ovvero una patata dolce che si spezza quando viene piegata: un’espressione usata per descrivere chi non ascolta i consigli. Non era la prima volta che accadeva un fatto simile in Zambia: nel 2002 il direttore di un giornale indipendente, Fred M’membe, fu arrestato per aver definito l’allora presidente Levy Mwanawasa  un “cavolo“. Anche in Italia, del resto, chi offende il presidente della Repubblica… sono cavoli suoi: le pene sono altrettanto pesanti.

Dagli antichi Greci alle favole

Pubblicità di “Campagna amica” giocata sul doppio senso del “cavolo”.

Ma da dove arrivano questi particolari insulti? Come vedremo più sotto, sono diffusi in molte lingue. E hanno una storia molto antica: in un saggio, il linguista Paolo Martino dell’Università Lumsa di Roma ricorda che già gli antichi Greci usavano gli ortaggi come imprecazioni: “Per il cavolo!”. «La popolarità di queste esclamazioni» scrive Martino, «nasceva dal fatto che persino il filosofo stoico Zenone di Cizio, era solito giurare “per il cappero”, imitando in ciò il maestro Socrate, che soleva giurare “per il cane”. Infatti tali esclamazioni si inquadrano nei “Giuramenti di Radamanto”, il mitico giudice dell’Averno, che aveva ordinato che si giurasse non sugli dèi, ma su piante o animali domestici: il cane, il capro, l’oca. Una scelta dettata non tanto da interdizione volta a non nominare invano il nome della divinità, quanto da ironia volta a sdrammatizzare la solennità del gesto».
La precisazione è importante: tirare in ballo i vegetali, come imprecazioni o come insulti, alleggerisce la portata delle offese. A questo si aggiunge, nel caso del “cappero” e del “cavolo”, l’assonanza della prima sillaba con la parola “cazzo”: sono usati infatti come eufemismi (“Capperi!”, “Col cavolo che ti aspetto” eccetera). Ma ci sono anche altre suggestioni nell’uso delle metafore vegetali. Gli ortaggi hanno ispirato diverse storie, miti e favole nella cultura contadina.

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SALE IN ZUCCA E NATI SOTTO I CAVOLI

Il titolo originale “Pudd’nhead Wilson” significa “testa grossa”.

Prendiamo ad esempio la zucca. Quella che conosciamo è originaria dell’America, ma in Europa c’era la Lagenaria, una zucca di piccole dimensioni, somigliante a una fiaschetta: svuotata di polpa e semi, nell’antichità era usata come borraccia, come portalampada (come quelle di Halloween) e per contenere il sale (“non avere il sale in zucca” significa essere poveri, oltre che insipidi cioè insipienti). La zucca aveva molti significati: il fatto che avesse molti semi la rese simbolo di fecondità, ma era anche l’emblema della scempiaggine, della stupidità e dell’illusione, perché cresce rapidamente ma altrettanto velocemente casca in terra e si secca. In più, la forma buffa la rende una metafora per indicare la testa sproporzionata e sgraziata di una persona: caratteristica che, per la fisiognomica, equivaleva a ottusità mentale.

Bimbi nati sotto i cavoli (cartolina francese del 1906).

Un detto popolare, poi, afferma che i bambini nascono sotto i cavoli. Perché? Il cavolo era l’unico alimento che durante l’inverno garantiva vitamine e minerali. Ed era simbolo di fecondità e di vita per vari motivi: veniva raccolto dopo 9 mesi dalla semina, ovvero da marzo a settembre, proprio come il tempo di gestazione dei bambini. In più la raccolta dei cavoli era affidata alle donne che venivano chiamate “levatrici”, proprio come quelle che aiutavano la futura mamma durante il parto, perché dovevano recidere il “cordone ombelicale” che legava il cavolo alla terra; da qui la leggenda che i bambini si trovano sotto ai cavoli.

Francobollo tedesco dedicato a Rapunzel.

Quanto alla rapa, è stata resa celebre dalla storia di Raperonzolo, che però in realtà non ha a che fare con questo ortaggio. La storia è nata in Italia, ad opera dello scrittore Giambattista Basile, che nel “Cunto de li cunti” (1634), narra la vicenda di Petrosinella, una donna incinta che voleva mangiare del prezzemolo (da cui deriva, in napoletano, il nome di “Petrosinella”). Ma il prezzemolo era nel giardino di un’orchessa, che poi la cattura e le fa promettere, in cambio della vita, di darle la sua bambina una volta nata. Probabilmente questa storia è un’allusione al decotto di prezzemolo, che da tempi antichissimi veniva usato per uso abortivo: la tradizione popolare vuole che se il decotto viene preso in grandi quantità, si può provocare un’emorragia che facendo contrarre l’utero, fa espellere anche l’ovulo fecondato. Di qui il legame fra il prezzemolo e la strega che fa sparire una bambina.
A questo racconto si sono ispirati nel 1800 i fratelli Grimm con la storia di Raperonzolo: la trama è simile, con la variante che la donna incinta qui desidera mangiare dei raperonzoli che crescevano nel giardino di una potente strega. I raperonzoli sono fiori a campanula (Campanula rapunculus) usati anche come contorno.

Perché si insulta coi vegetali

Infelice titolo del “Corriere del Mezzogiorno” (2007).

Per quale motivo si utilizzano i nomi di vegetali come insulto? Innanzitutto per una sorta di classismo: paragonare una persona (o la sua intelligenza) a un ortaggio, significa degradarla. I vegetali sono al confine fra materia viva e inanimata, e non sono dotati di intelligenza. Quindi, in un’ottica antropocentrica, sono inferiori persino agli animali. Del resto, per dire che qualcuno vive al minimo delle sue facoltà vitali diciamo che è “allo stato vegetativo” o”ridotto a vegetale”.
A questo aspetto generale, se ne aggiungono altri due. Da un lato, la forma di alcuni vegetali: in alcuni casi buffa, sproporzionata, sgraziata (cavolo, broccolo, zucca), in altri fallica (cetriolo), li rendono metafore che si prestano a usi spregiativi. Dall’altro lato, in alcuni casi, la mancanza di sapore. Ricordiamo che “sciocco” deriva dal latino exsuccum, privo di  sugo, insipiente significa “privo di sapore”. Fa eccezione, ovviamente, il pepe: tant’è vero che definire qualcuno “peperino” (vivace, pieno di brio) è quasi un complimento.
Al tempo stesso, comunque, i vegetali sono un modo umoristico e leggero di insultare qualcuno.  Invece di dire “mortacci tua” si può dire… “ortaggi tua!”.

 La lista delle offese vegane

“Broccolare” significa “cuccare” (da www.disciules.it).

Scandagliando il nostro dizionario (e i dialetti) ho trovato 16 termini insultanti derivati dai vegetali. Eccoli, con le relative spiegazioni.

BAGGIANO / BAGGIANATA = stupido, babbeo. Era l’appellativo con cui, nei secoli scorsi, i bergamaschi chiamavano i milanesi. Il nome deriva da baggiana, fava da orto con semi molto grossi ma insipidi.

♦ BIETOLONE = “semplicione”,  forse perché la bietola è dolce e poco saporita

♦ BROCCOLO / BROCCOLONE  = “persona goffa”. Probabilmente deriva dalla forma irregolare e sgraziata dell’ortaggio. In Lombardia, “broccolare” significa ‘tentare di corteggiare in modo sfacciato e  maldestro‘: forse perché chi lo fa ha una faccia da broccolo, cioè da stupido.

♦ CARCIOFO / CARCIOFONE = sciocco, minchione, o goffo, inabile, maldestro. Il riferimento è alla forma buffa e fallica

♦ (TORSO, TESTA DI) CAVOLO = persona goffa e sciocca. Sia perché il cavolo è considerato una verdura di scarso valore, e soprattutto perché è un eufemismo per “cazzo”.

♦ CETRIOLO / CITRULLO  (dal napoletano cetrulo) = sciocco, grullo. La motivazione? La forma fallica.

♦ CRAUTO = è a volte usato, insieme a KARTOFFELN (patate) come spregiativo per riferirsi ai tedeschi, che ne fanno largo uso alimentare (è lo stesso motivo per cui noi italiani siamo chiamati “spaghetti” all’estero)

Iniziativa ironica contro l’omofobia.

♦ FINOCCHIO = “omosessuale maschile”. Che collegamento c’è fra l’ortaggio e i gay? E’ presto detto: il seme del finocchio è una spezia aromatica molto profumata, con cui si preparano molti piatti. In alcune bettole di infimo ordine, un tempo i tavernieri disonesti condivano con i semi di finocchio i cibi andati a male, in modo da mascherare il gusto di marcio e imbrogliare così i clienti. Il verbo “infinocchiare” (= truffare) deriva appunto da questa pratica. Dunque, in campo sessuale il riferimento è ai travestiti, che hanno l’abitudine di profumarsi e imbellettarsi come donne, e cambiano aspetto come i piatti aromatizzati col finocchio (in Toscana, la “finocchiona” è invece un salame aromatizzato al seme di finocchio).

♦ MELENSO = persona ebete, inespressiva, sciocca, inconsistente, banale, ritardata, lenta e goffa. Il termine ha un’etimologia incerta: potrebbe derivare da melanzana (per il suo aspetto buffo e fallico), oppure dal miele (allusione a una persona sdolcinata, oppure la lentezza con cui cola) o dal francese malaise (malato, svogliato)

♦ MELLONE = stupido, sciocco, balordo, grossolano d’ingegno. Il termine indicava un frutto diverso dal popone comune, e cioè il melone lungo o serpentino, un frutto dal gusto insipido.

♦ PATATA / PATATA LESSA  = “persona sciocca”, o anche goffa e impacciata. La metafora deriva dallo scarso sapore della patata, ma anche dalla sua forma bitorzoluta (basta vedere come rotola una patata).

Pubblicità di dubbio gusto che gioca sul significato fallico del cetriolo.

♦ PIGNOLO = “pedante”, inutilmente meticoloso anche in aspetti insignificanti. L’immagine trae origine dal paragone fra il pignolo strettamente incastrato nella pigna e la persona che non sa liberarsi da schemi mentali rigidi e minuziosi.

♦ RAPA / TESTA DI RAPA  = persona stupida, di scarso valore intellettivo. Trae origine dal gusto insipido della rapa.

♦ SCALOGNATO = sfortunato, sfigato. Potrebbe derivare dal lat. calŭmnia «calunnia», ma è più probabile derivi dallo scalogno, la cipolla originaria di Ascalona (antica città della Siria da cui è originaria). Dato che le cipolle sono il cibo dei poveri, si ritiene che il solo toccarle possa portare sfortuna in quanto sono simbolo di miseria. Chi è povero mangia cipolla, cioè è “scalognato”.

♦ TE­STA D’AC­CU­LAZ­ZÀ­TU =  persona stolta. Il nome, in siciliano, indica un piccolo cetriolo, Cucumis melo L., dalla forma simile a un piccolo melone. Acculazzatu significa accartocciato: la fine che fa questo cetriolino, che va a male se non viene consumato subito.

♦ ZUCCA, ZUCCONE  = testa grossa, ma anche persona cocciuta, caparbia. Trae ispirazione dalla forma tondeggiante e sgraziata della zucca.

GLI INSULTI ORTICOLI NELLE ALTRE LINGUE

Film del 1966, diretto da Giancarlo Zagni.

In inglese, i termini turnip (rapa), potato (patata) e cabbage (cavolo) possono essere usati come insulti se riferiti alle persone. In francese, «patate!», «espèce de patate!» (specie di patata) o «tu joues comme une patate» (giochi come una patata) significa stupido, goffo, maldestro.
In portoghese, “nabo” (rapa) significa stupido o maldestro. In tedesco, una parola regionale per cavolo (“Kappes” in contrapposizione allo standard tedesco “Kohl“) può significare “stronzate”: “Das ist totaler Kappes!” si traduce come “Sono cazzate totali”.
Nei Paesi dell’est Europa, quelli dell’ex blocco sovietico, essere etichettato come “ravanello” era molto offensivo, perché i ravanelli sono “rossi all’esterno e bianchi all’interno”, e quindi controrivoluzionari. (Lo stesso avviene quando una persona di colore dà della “noce di cocco” a un’altra: vuol dire “nero fuori, ma bianco dentro”, cioè di pelle nera ma con mentalità da bianco).
In cinese, è comune insultare qualcuno chiamandolo “stupido melone” (“sha gua”).
In giapponese, quando un attore di teatro è noioso, è probabile che il pubblico gli urli “Daikon“, (ravanello) dato che sono piuttosto insipidi. “Nasu” (melanzana) è sinonimo di stupido. “Moyashi” (germoglio di fagiolo) indica un bambino smidollato. In hindi, “kaddu” (zucca) può essere usato come da noi nel senso di zuccone.

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