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Perché imprechiamo come camionisti, turchi, camalli?

Un camallo impreca mentre trasporta un peso (disegno da Gephras)

Per indicare una persona che usa un linguaggio sboccato, esistono diversi modi di dire: bestemmia (o impreca) “come un turco, un camallo, un carrettiere”… E, più in generale, le scurrilità sono definite come un linguaggio “da osteria, da postribolo, da caserma”…
Quali sono queste espressioni, e perché facciamo questi paragoni? Molti hanno una lunga storia, sono spesso frutto di pregiudizi e sarebbero decisamente da aggiornare. E non sono un’esclusiva dell’italiano: esistono espressioni equivalenti anche in inglese, francese, spagnolo e molte altre lingue: oltre a turchi e carrettieri, sono citati anche calzolai, birrai, pescivendoli, stagnini e molti altri mestieri… Ma andiamo con ordine, partendo dai modi di dire italiani.

Bestemmiare (o imprecare) come…

Un turco arrabbiato in una caricatura

♦ un luterano: il paragone è nato dopo la Riforma luterana (1517)  che spaccò i cristiani; era, evidentemente, una propaganda per dipingere i luterani come miscredenti ed eretici, come facevano nell’antichità con i pagani

♦ un turco: anche questo paragone è molto antico e cavalca il timore verso i turchi – di fede islamica – che iniziarono a invadere l’Italia già alla fine del 1400

♦ un porco: sebbene sia un animale molto intelligente, nella cultura occidentale il maiale è diventato il simbolo dello sporco, del vizio e della volgarità, come raccontavo in questo articolo; quanto di più terreno e quindi di lontano da Dio

♦ un carrettiere: prima dell’avvento delle automobili, le merci si trasportavano con un carretto trainato da un cavallo o un asino; forse i conducenti imprecavano nel traffico (oggi, del resto, diciamo “parla come un camionista”, vedi più sotto)

♦ un marinaio: il detto trae origine dall’abitudine (vera o presunta) degli uomini di mare a un linguaggio rude

♦ un camallo, uno scaricatore di porto, un facchino: i tre termini sono sinonimi, e si riferiscono al linguaggio scurrile adoperato dagli uomini di fatica per sfogare il dolore

Parlare come…

Un camionista senza filtro

♦ un camionista: gli autotrasportatori sono considerati, nell’immaginario collettivo, come particolarmente scurrili

♦ un cafone, un villano, un bifolco, un burino: da quando nel Medioevo si sono formate le città, gli agricoltori sono stati sempre considerati rozzi e ignoranti

♦ un pecoraio: vedi sopra 

♦ uno stalliere: vedi sopra

♦ un tamarro: il termine in origine designava un venditore di datteri, disprezzato per i suoi modi rozzi

♦ un pescivendolo: professione considerata volgare perché svolta per strada; in più il pesce è un simbolo fallico (e questo è un elemento che contribuisce a svilire il mestiere)

♦ un coatto/ un avanzo di galera: il primo termine indicava chi era recluso (a domicilio o in carcere); in generale, i detenuti sono stati sempre considerati scurrili

♦ una vaiassa: il termine, napoletano, indica una donna popolana, spesso una serva, dai modi sguaiati e volgari

Usare un linguaggio da…

Il sergente maggiore Hartmann

♦ caserma: i soldati usano un linguaggio pesante come nella celebre scena del sergente Hartmann nel film “Full metal jacket” (1987) di Stanley Kubrick:

«Io sono il sergente maggiore Hartmann, vostro capo istruttore. Da questo momento potrete parlare soltanto quando vi sarà richiesto, e la prima e ultima parola che uscirà dalle vostre fogne sarà “signore”. Se voi signorine supererete questo corso, sarete un’arma, sarete dispensatori di morte e pregherete per combattere, ma sino a quel giorno siete uno sputo, la più bassa forma di vita che ci sia nel globo, non siete neanche fottuti esseri umani, sarete solo pezzi informi di materia organica anfibia comunemente detta merda. Dato che sono un duro non mi aspetto di piacervi, ma più mi odierete più imparerete. Io sono un duro, però sono giusto. Qui non si fanno distinzioni razziali, qui si rispetta gentaglia come negri, ebrei, italiani e messicani. Qui vige l’uguaglianza, non conta un cazzo nessuno. I miei ordini sono di scremare tutti quelli che non hanno le palle per servire nel mio beneamato corpo. Capito bene, luridissimi vermi?!».

♦ strada: è il linguaggio urbano, da periferia, dei giovani, degli sbandati o dei diseredati, rozzo e senza filtro

♦ bordello/postribolo: le prostitute, per lavoro, devono parlare di sesso in modo diretto

♦ taverna/osteria/bettola: il riferimento è a locali di infimo rango, frequentati da gente incolta e poco raccomandabile

Nelle altre lingue? Dal muratore al boscaiolo

Il linguista Stan Carey ha collezionato le varianti di questi modi di dire in diverse lingue, dopo aver lanciato un appello su Mastodon: i paragoni più diffusi sono con il marinaio, il carrettiere e lo scaricatore di porto. In definitiva, tutti lavori manuali. Ci sono diverse corrispondenze con l’italiano ma anche diverse espressioni legate alla specifica cultura del luogo, dal boscaiolo al fabbricante di scope.

Imprecare come un… lingue
marinaio 
  • danese (sømand)
  • finlandese (kiroilla kuin merimies)
  • tedesco (Seemann)
  • portoghese brasiliano (xinga mais que um marinheiro / fala mais palavrão que um marinheiro)
  • svedese  (sjöman)
  • inglese (sailor)
carrettiere, cocchiere
  • francese  (jurer comme un charretier)
  • tedesco (Kutscher)
  • ungherese  (kocsis)
  • russo (ругаться как извозчик)
  • spagnolo messicano (hablar como carretonero)
portuale, scaricatore di porto
  • danese (havnearbejder)
  • olandese  (vloeken als een dokwerker/bootwerker)
  • norvegese (banne som en bryggesjauer)
  • portoghese brasiliano (fala como um estivador)
soldato 
  • olandese (dragonder, soldato a cavallo)
  • portoghese (sargento de cavalaria, letteralmente sergente di cavalleria)
  • inglese (trooper)
camionista 
  • greco  (βρίζω σαν νταλικέρης)
  • spagnolo messicano (camionero)
  • inglese (trucker)
stagnino
  • olandese  (ketellapper)
  • tedesco (Kesselflicker)
pescivendolo/a
  • olandese (viswijf, letteralmente “moglie del pescivendolo”),
  • francese (une poissonnière)
eretico, pagano, infedele
  • olandese (ketter)
  • francese (païen)
fabbricante di scope
  • tedesco (Bürstenbinder)
  • svedese (svär som en borstbindare)
calzolaio
  • polacco (kląć jak szewc)
  • russo  (материться как сапожник)
turco finlandese (turkkilainen)
boscaiolo finlandese (tukkijätkä)
birraio tedesco (fluchen wie ein Bierkutscher)
bracciante, contadino tedesco (Landsknecht)
tassista tedesco (Droschkenkutscher)
migliarino di palude (uccello) tedesco (schimpfen wie ein Rohrspatz)
muratore spagnolo messicano (Eres tan vulgar que harías sonrojar a un albañil: sei così volgare che faresti arrossire un muratore)
diavolo irlandese (mallachtú ar nós an diabhail)
turco danese (at bande som en tyrk)
ortolano, fruttivendolo/a spagnolo (tener boca de verdulera, hablar como una verdulera)

L’origine? Stereotipi e classismo

Meme sul giornalista veneto Germano Mosconi, noto per le sue bestemmie

Leggendo tutti questi modi di dire, salta subito all’occhio che sono stereotipi, ovvero pregiudizi, etichette applicate a un intero gruppo sociale. Per lo più quello rappresentato dalle persone di classi socio-economiche inferiori, dedite a lavori di fatica: un modo, insomma, per rimarcare la loro inferiorità sociale giudicandoli anche maleducati, ignoranti e scurrili. Ovviamente, gran parte di questi modi di dire sono stati coniati da persone delle classi superiori, istruite (ma non necessariamente meno volgari). Da sempre infatti i lavori manuali sono considerati umili e appannaggio di persone ignoranti e rozze, come già avevo raccontato in questo articolo sui termini che disprezzano vari mestieri. Del resto, la stessa parola “volgare” deriva da “vulgus”, “popolo” inteso in senso spregiativo e classista. I rozzi, i volgari, insomma, sono sempre gli altri.
Va aggiunto, peraltro, che le parolacce aiutano effettivamente a sfogare il dolore, come hanno dimostrato molte ricerche: e per chi svolge un mestiere fisicamente faticoso, possono essere un’abitudine più diffusa che in altre professioni.
Non è l’unico pregiudizio veicolato da queste espressioni, che sono pure sessiste. Tutti questi modi di dire (con l’eccezione della vaiassa e del riferimento alle prostitute) si riferiscono infatti a maschi, nella convinzione che il “sesso forte” sia anche più incline (o legittimato) a dire più parolacce. Anche questa differenza si sta molto riducendo, visto quanto è diffuso il turpiloquio anche fra le donne, come avevo raccontato in questo articolo.

Francobollo ucraino con un “vaffa” a una corazzata russa.

Occorre aggiungere, tuttavia, che in alcuni casi i paragoni hanno un fondo di verità. Ad esempio, quando si parla di militari (“linguaggio da caserma”): la guerra, infatti, scatena emozioni negative (rabbia, dolore, aggressività, paura) che spesso si sfogano con le parolacce. Perché il contatto con la violenza e la morte, la lotta per la sopravvivenza è fatta anche di imprecazioni e di insulti contro il nemico: sta avvenendo anche nel conflitto in Ucraina, come avevo raccontato in questo articolo. Senza contare che fra commilitoni si usa un linguaggio direttorude, che serve a rimarcare l’appartenenza al gruppo, la propria virilità o le crudeli gerarchie fra commilitoni.
Analoghe considerazioni valgono per il linguaggio da strada e da bordello, due contesti che, per motivi diversi, sono caratterizzati da un linguaggio senza filtro, informale e diretto.
Ma che senso ha oggi dire “bestemmia come un turco” o come un carrettiere? Questi paragoni sono ormai superati e inadatti a descrivere la realtà attuale. Esistono categorie di persone che dicono più parolacce di altre? Potremmo aggiornare le espressioni dicendo che Tizio impreca come un rapper o un tronista? Se avete proposte, scrivetele nei commenti.

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4 Comments

  1. pure questi sono divertenti:
    Imprecare come (Jurer comme):
    – un templier (sorprendente)
    – un pattier (chiffonier), francese svizzero
    – un mousquetaire
    – un charretier embourbé (l’immagine è efficace)

  2. Buona giornata e complimenti per la scientificità che caratterizza tutti questi articoli!
    Per quanto ne sapevo, la bestemmia è un insulto che riguarda il sacro: nelle popolazioni in cui il divino è vissuto come vendicativo o comunque in grado di reagire, come gli Ebrei o i Musulmani, la bestemmia non mi sembra esistere, anche se non dispongo di sufficiente documentazione. Invece, dove il clero, cattolico o protestante, a fatti contraddice il divino, diventando ricco e potente, allora la bestemmia si diffonde, come insulto, appunto, a chi pretende di esercitare il potere in nome di un sacro che dovrebbe fare paura. É un’ipotesi attendibile? Grazie!

    • Caro Alessandro, le bestemmie sono nate dai giuramenti nei tribunali: “Che Giove mi fulmini se mento”, diventa “Per Giove”. C’è uno spostamento nell’uso dei termini sacri, che dai templi entrano nei tribunali e poi nelle strade. E presto la solennità del giuramento viene meno, e le espressioni vanno a caratterizzare i momenti di forte emozione. Questo è l’uso profano del sacro.
      La bestemmia, l’attacco frontale a Dio o ai santi, nasce invece come forma di protesta politica verso il potere del Vaticano negli Stati che vi si contrapponevano (come Venezia). Il discorso sarebbe molto più lungo

  3. Ora forse capisco da dove viene l’espressione che sentivo spesso da piccolo (vengo dalla bergamasca): “impreca/bestemmia come un cammello!”.
    Sarà una storpiatura di “camallo”? Non sapendo che cosa sia un camallo, qualcuno avrà iniziato a sostituirlo con una parola nota…

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