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Quando “baciare il culo” era un rito satanico

Posa scherzosa al Parco Vigeland, nel centro di Oslo, Norvegia.

Il modo di dire è stato riportato in auge dal presidente degli Usa Donald Trump: «I Paesi minacciati dai dazi mi chiamano, baciandomi il culo. Muoiono dalla voglia di fare un accordo». Una frase insultante, perché baciare il deretano è umiliante. Pochi sanno, però, che questa espressione è antichissima: risale al Medioevo e deriva da riti satanici e antiche superstizioni. Ne rimane traccia ancora oggi a Sauris (Udine), in Friuli-Venezia Giulia, dove frotte di turisti, alla vigilia dell’Epifania, si recano in pellegrinaggio a baciare una strega su un grosso deretano posticcio.
Anticamente questo atto era chiamato “osculum infame”, bacio infame. Da queste stesse radici culturali derivano anche le espressioni “leccaculo”, “faccia da culo” e il gesto irrisorio di mostrare le natiche nude (il “mooning”). Persino il gesto dell’inchino è collegato all’uso del deretano come atto di sottomissione.
Dunque, all’origine di tutte queste espressioni c’è una storia antropologica molto ricca, che racconto in questo articolo. 

Le gradazioni del bacio

Partiamo dal bacio. Nel Medioevo, aveva un profondo significato simbolico, poiché era usato per suggellare i rapporti sociali e i contratti: confermava una confidenza tra due persone, ma poteva anche simboleggiare una rinuncia a diritti legittimi, oppure era donato in segno di investitura. Il suo significato dipendeva dal contesto, sottolinea la storica Pantalea Mazzitello nel saggio “Il bacio spudorato. Breve storia dell’Osculum Infame”.  

Nelle celebrazioni dei primi cristiani c’era il bacio liturgico (osculum pacis, bacio della pace): i fedeli si baciavano sulla bocca come segno di pace e riconciliazione fra loro. Col passare dei secoli il bacio sulla bocca fu sostituito dall’osculatorium, una tavoletta che il prete baciava e poi la passava ai fedeli che la baciavano a loro volta (oggi è stata rimpiazzata da una stretta di mano, il “segno di pace”). Nel bacio sulla bocca, aggiunge Mazzitello, entrambe le parti sono coinvolte in egual modo, in un rapporto di reciprocità e uguaglianza. «Questa condizione corrisponde alla situazione fisiologica della bocca: essa è, di tutti gli organi, la più vicina al cervello, ai centri del pensiero e delle sensazioni».

Omaggio del Signore di Bulles a Luigi II di Borbone (1371)

La mano, invece, situata più lontana e più in basso, è meno intima.  Perciò il bacio sulla mano è un atto di sudditanza: lo si faceva nella cerimonia dell’omaggio vassallatico. In esso un uomo, dichiarandosi vassallo, accettava la sudditanza nei confronti di un altro uomo riconoscendolo come signore: il vassallo si inginocchiava e metteva le mani giunte in quelle del signore e le baciava.

«Seguendo questa distinzione gerarchica che connota la parte del corpo baciata, il bacio dei piedi rappresenta una sottomissione o un grande rispetto, una vera e propria adorazione, la domanda di un perdono», scrive Mazzitello. E baciare il deretano? Ovviamente si colloca su un gradino ancora inferiore, il più basso di tutti: «diventa   infamante   in  quanto  dato  in  un  punto  del  corpo  considerato  impudico», sottolinea la studiosa. Ben più che impudico: la parte anatomica più ignobile, perché da essa fuoriescono i nostri scarti. Tanto che in inglese e in tedesco, “buco di culo” (rispettivametne asshole e arschloch) sono usati come pesanti offese, equivalenti all’italiano “stronzo“.

 Un vassallaggio estremo

Nel II secolo d.C., lo storico romano  Marco Minucio Felice descriveva nell’”Octavius” i crimini che i Romani attribuivano alle prime comunità cristiane, per screditarle davanti all’opinione pubblica. Oltre alle accuse di cannibalismo, infanticidio e promiscuità sessuale, è presente «il bacio che i fedeli dovevano prestare ai genitali di colui che officiava il rito della messa: particolare atto di devozione, che ha a che vedere con l’adorazione di una parte oscena». Quando il cristianesimo si diffuse, la Chiesa utilizzò simili accuse contro le persone accusate di stregoneria e di aver stretto un patto con il diavolo.

Il “Bacio della Vergogna” illustrato nel “Compendium Maleficarum” di Francesco Maria Guazzo del 1608.

Nella quasi totalità dei resoconti del Sabba che ci sono pervenuti, a partire dal XII secolo, il ritrovo aveva inizio con la sua adorazione da parte di streghe che si inginocchiavano al cospetto del diavolo e pregavano, rinnovando la loro fedeltà e rinuncia alla fede cristiana; ognuna a turno lo baciava, sul piede sinistro, sui genitali o sull’ano, e questo rappresentava il rito di apertura della cerimonia. L’atto di omaggio al deretano, in particolare, era denominato “osculum infame”, cioè bacio infame. Non si potrebbe definire altrimenti un atto così intimo con una parte del corpo così infima, da cui fuoriescono i nostri scarti: escrementi e gas intestinali.
Secondo lo storico Franco Cardini (nel libro “Magia,  stregoneria,  superstizioni  nell’Occidente  Medievale”, La Nuova Italia, 1986), baciare le natiche era il rovesciamento dell’omaggio vassallatico: una durissima perdita della propria libertà, una vera e propria servitù tra la strega/lo stregone e il signore degli Inferi, come un vassallo verso il suo signore.

Nel 1303 papa Bonifacio VIII accusò John de Lovetot, vescovo di Coventry e di Lichfield, di aver baciato il diavolo sul posteriore.  E nel 1307 i cavalieri Templari furono accusati di eresia perché, secondo le accuse, i loro riti di iniziazione prevedevano tre baci al Maestro da parte di un novizio: uno sulla bocca, uno sull’ombelico e uno sull’osso sacro.

Il “bacio infame” era dunque un anti-sacramento: i ritrovi delle streghe, dice ancora la Mazzitello, «rappresentavano una festa capace di rovesciare momentaneamente il mondo, esprimevano il desiderio delle classi inferiori di liberarsi dalle gerarchie, dai riti, dai dogmi a loro imposti, sostituiti con altri diametralmente opposti e per questo ‘infernali’».

IL BACIO AL DERETANO DELLA STREGA BELIN

Il bacio al deretano della strega Bèlin (archivio fotografico Comune di Sauris)

A Sauris, in provincia di Udine, sulle Alpi Carniche, sopravvive ancora oggi un’antica usanza: andare a baciare il sedere di una vecchia strega. Si chiama “Der Orsh van der Bèlin – Il Sedere della Belin. La notte che precede l’Epifania, il 5 gennaio, nella frazione di Lateis un gruppo di Befane in processione guida i turisti verso una figurante che impersona la Belìn, che li aspetta chinata e con le terga in mostra: a quel punto i partecipanti baciano a turno il suo grosso e sporco sedere, riprodotto con una grossa protesi di gomma. 

La tradizione si riferisce a una donna misteriosa, considerata “forestiera” (belin in dialetto significa appunto straniera): una vecchiaccia con grandi seni e un sedere enorme, sempre sporco. Secondo la tradizione, i bambini di Sauris dovevano baciarle il sedere quando uscivano per la prima volta dalla valle. Il monito era noto: “De muss puss in orsch in der Belin!” (“Devi baciare il sedere della Bèlin!”).  Un rito di passaggio simbolico per concedere loro il permesso di allontanarsi verso il mondo esterno in un contesto rurale dove la vita era dura, e i confini valicabili pieni di pericoli. Difficile non cogliere, in questa tradizione, le tracce dell’osculum impudicus, dato in questo caso non a un diavolo ma a una strega.
Dopo il bacio, nessun baccanale: i turisti si scaldano con fuoco e vin brulè, gustando dolci tradizionali e musica per festeggiare. La tradizione è stata recuperata da oltre 30 anni, per i turisti: un modo giocoso per diventare, simbolicamente, parte della comunità di Sauris.

L’altra faccia del diavolo

La Venere Callipigia (I secolo).

Ma perché gli eretici baciavano il diavolo proprio sul sedere? Secondo la mentalità medievale, «il diavolo  ha  una  grossa  coda,  e  sotto  di  essa  una  sorta  di  faccia, ma con questa faccia non parla mai poiché l’unico uso che ne fa è di lasciare che i suoi  seguaci  più  devoti  lo  bacino; perché baciare questa faccia viene considerato un onore grandissimo» racconta Kristoffer Nyrop nel libro “Storia del bacio” (Donzelli).
Come si spiega questa credenza? Lo racconta l’etologo britannico Desmond Morris nel libro “L’animale donna. La complessità della forma femminile” (Mondadori). Anticamente, già presso gli antichi Greci, le natiche non erano considerate affatto una parte anatomica ridicola. Anzi,  le consideravano «un elemento insolitamente bello dell’anatomia umana, in parte per la loro elegante curvatura, ma anche per il potente contrasto con il posteriore dei primati. Gli emisferi umani erano così diversi dalle zone di pelle indurita (le callosità ischiali) sui magri sederi delle scimmie, che i Greci le videro, assai giustamente, come supremamente umane. Si diceva che la formosa dea dell’amore, Aphrodite Kallipygos (letteralmente Afrodite/Venere dalle belle natiche), avesse un sedere più esteticamente piacevole di qualsiasi altra parte della sua anatomia. Era oggetto di una tale adorazione che fu costruito un tempio soltanto in suo onore, rendendo i glutei l’unica parte del corpo umano ad aver mai ricevuto un tale onore», scrive Morris.

Il diavolo presenta il Libro dei Vizi a Sant’Agostino (1480, dipinto di Michael Pacher): ha un volto sul deretano.

Dunque, da questa considerazione delle natiche come segno distintivo dell’uomo nacque una leggenda: se i glutei arrotondati distinguevano gli umani dalle bestie, «allora i mostri dell’oscurità dovevano mancare di questo particolare elemento anatomico. Fu così che il diavolo si guadagnò la reputazione di essere senza natiche. Gli antichi europei erano convinti che il diavolo, benché potesse assumere forma umana, non riuscisse mai completamente nella trasformazione, perché, per quanto tentasse, le sue natiche restavano sempre imperfette. La parte più gloriosa, più esclusivamente umana del corpo, era al di là del suo enorme potere».
Dunque, in origine “baciare il culo” era un atto eretico di sottomissione al demonio. La divinità infernale è associata al posteriore perché egli rappresenta l’esatta inversione di tutto ciò che è considerato alto e nobile, rappresentato topograficamente dal viso. Dal punto di vista simbolico, se la bocca è usata per pronunciare la parola di Dio, il diavolo ha una bocca nel luogo da cui provengono rumori e odori sgradevoli, a simboleggiare la natura perversa e volgare del male.
E questo atto di sottomissione ha generato diversi modi di dire: in latino si diceva “lingere culum” (leccare il culo) o “lambere nates” (leccare le natiche), in tedesco “baciami dove mi siedo”, “baciami nel culo” (“leck mich im arsch”, citato da Goethe e da Mozart, che compose un canone con questo titolo, come raccontavo qui) o “baciami dove non ho il naso,” (Küss mich, wo ich keine Nase habe.“) al pari dei francesi, o ancora „Küss mich am Rücken runter“ (“baciami lungo la schiena”) e „Küss mich dorthin, wo die Sonne nicht scheint“ (“baciami dove il Sole non splende”).

Anche le espressioni italiane “leccalulo” e “faccia da culo” potrebbero aver attinto da queste credenze: il loro significato originario sarebbe nel primo caso equivalente a “adoratore del diavolo” e nel secondo a “diavolo” (dato che aveva una faccia al posto del deretano).
Di tutte queste convinzioni, però, alla fine del XVII secolo, se ne sono smarrite lentamente le tracce. 

IL WRESTLING E IL CLUB DEI BACIATORI

Shane McMahon bacia il deretano al padre Vince.

Nel 2001, negli Stati Uniti è nata una società insolita: il “Kiss My Ass Club” (Club baciami il culo). Un manager del wrestling, Vince McMahon, capo della federazione WWF (oggi WWE) aveva comprato la federazione rivale, la WCW. Per fare spettacolo, mettendo un po’ di pepe nelle competizioni, McMahon decise di mostrarsi come un capo arrogante: non gli bastava aver sconfitto i rivali, voleva ergersi a padre-padrone del wrestling. Così McMahon inventò una formula grottesca: costringeva i suoi atleti e dipendenti a baciargli realmente il sedere in diretta televisiva. Chi rifiutava rischiava di essere licenziato o maltrattato, mentre chi obbediva entrava a far parte del “Kiss My Ass Club”. Era una maniera volutamente scioccante (per fare audience) e comica, per rappresentare il potere assoluto del “capo cattivo” e far divertire (o scandalizzare) il pubblico. Il Club è rimasto in vita, fra alti e bassi, fino al 2008

Mostrare le chiappe per scacciare il male

Una gargolla (doccione per l’acqua piovana) mostra le natiche sulla Cattedrale di Friburgo, Germania.

Anche il gesto di mostrare le natiche nude (il “mooning”) potrebbe avere questa stessa origine diabolica. Secondo Morris, non avere un sedere provocava grande angoscia al diavolo: «Per infiammare la sua invidia, tutto ciò che bisognava fare era mostrargli il sedere nudo. Quell’improvvisa apparizione, ricordandogli la sua inadeguatezza, l’avrebbe costretto a distogliere il suo sguardo malvagio. Così, mostrare il sedere nudo divenne un modo per scacciare le forze del male. Fortificazioni e chiese antiche spesso sfoggiavano incisioni di femmine umane che puntavano le loro natiche arrotondate verso l’ingresso principale per scacciare gli spiriti maligni. Nella Germania medievale, quando di notte si scatenava un temporale particolarmente pauroso, le donne sporgevano i loro sederi nudi dalla porta nella speranza di allontanare il potere del male ed evitare una tempesta catastrofica».

È assai probabile che questa sia l’origine del gesto moderno, e che oggi «i buontemponi portino avanti un’antica tradizione cristiana senza saperlo. Con il diavolo fuori moda come grande nemico, sfoggiare il sedere è diventato semplicemente un gesto volgare. Da un atto di sfida religiosa è scivolato tra le esibizioni oscene di zone tabù del corpo», scrive Morris.

L'INCHINO COME SOTTOMISSIONE

Parata militare a Lhasa, Tibet, con inchino (1939)

Oltre a queste origini culturali religiose, presentare il sedere è usato anche nel mondo animale come forma di sottomissione osserva Morris. In particolare, mostrare le natiche in una posizione umilmente china è un gesto di pacificazione fra le scimmie, soprattutto i babbuini.  Il gesto si chiama “hindquarter presentation” (presentazione del quarto posteriore) e ne parla ancora Morris:  «Chi presenta il posteriore dice: “Offro me stesso nel passivo ruolo femminile. Per favore, mostra la tua dominanza montandomi, invece che attaccandomi”. Le scimmie subordinate di entrambi i sessi presentano il posteriore alle scimmie dominanti, di entrambi i sessi. L’individuo dominante raramente attacca un subordinato, o lo ignora, o altrimenti lo monta brevemente accompagnando l’atto con alcuni stilizzati movimenti delle pelvi. Come esibizione di sottomissione, mostrare il posteriore è un’azione preziosa perché consente a un debole subordinato di restare vicino a un potente dominante senza essere attaccato».

E questo gesto è stato ereditato anche dall’uomo: «In alcune società tribali l’inchino, come cerimonia di saluto, è fatto dando le spalle alla persona che si saluta. Questo assomiglia così tanto a una presentazione del posteriore che è difficile non vederne la correlazione con la tipica azione di sottomissione dei primati. Una forma molto più comune di presentazione del posteriore si vede quando un bambino viene punito con una sculacciata. La vittima deve prima chinarsi nella stessa posizione di sottomissione dei primati e poi, una volta adottata proprio la posizione che, se fosse una scimmia, lo salverebbe dall’attacco, è ingiustamente assaltato con una mano o una frusta. Per alcuni esseri umani dominanti si direbbe che l’umiliazione di questa posizione non sia sufficiente», conclude Morris.

 

 

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