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Porco, vacca, capra… Perché gli animali sono diventati insulti

Campagna pubblicitaria per uno zoo safari (agenzia DDB Brasile)

Il più celebre (ma inflazionato) è “Capra! capra! capra!”, l’insulto urlato da Vittorio Sgarbi per zittire i suoi avversari. Ma la capra non è l’unico animale nello zoo delle offese: ci sono la scimmia, l’asino, la vacca. L’oca, lo scorfano, l’avvoltoio, il coniglio, la balena. La cozza. E molti, molti altri. Insomma: cani e porci. Ma perché gli animali sono diventati offese? Quali sono gli animali più disprezzati, e perché? Le domande si impongono, visto che oggi ci consideriamo rispettosi degli animali, tanto da aver promosso diverse leggi che ne stabiliscono i diritti.
Eppure, continuiamo a vituperarli, almeno nel vocabolario: in questo articolo ho raccolto 81 termini zoologici usati come insulti. Si riferiscono a 62 diversi animali. Insomma, non un fenomeno di poco conto. Perché? In generale, paragonare un uomo a un animale è il modo più immediato ed efficace per definirlo come un essere “diverso” e “inferiore”. E pertanto un essere indegno di essere accolto nella società. Basta ricordare l’orrore de “La metamorfosi“, il racconto di Franz Kafka in cui il protagonista, Gregor Samsa, si risveglia accorgendosi con orrore e vergogna di essere diventato uno scarafaggio. O le più antiche disavventure di Lucio, che diventa un asino nelle “Metamorfosi” di Apuleio (2° secolo d.C.). Insomma, ritrovarsi nel corpo di un animale è un incubo che affligge gli uomini di tutte le epoche: è considerata una regressione spaventosa.

Film del 2018 su 4 giovani rapinatori.

Tant’è vero che termini come “animale” e “bestia” sono usati come insulti generici per indicare una persona spregevole, brutale, senza un minimo di cultura ed educazione. Tant’è vero che gli animali che hanno connotazioni positive (per la forza o particolari abilità) sono una minoranza: leone, aquila, falco, lince, drago, volpe, mandrillo.
E’ un uso molto antico. Già Petrarca scriveva nel “Trionfo della fama” (1374): “superbi e miseri cristiani “non vi caglia (= ammutolisce) che ‘l sepolcro di Cristo è in man di cani”? “Ai tempi delle Crociate, “cani” era l’epiteto con cui i cristiani disprezzavano ebrei e musulmani. Che li ricambiavano con lo stesso insulto.
E già a quell’epoca, il Medioevo, il cane non era la sola metafora animale usata come spregiativo: in un’antologia della lingua parlata dai criminali di Lucca nel 1300 (di Salvatore Bongi) sono censite espressioni come “cane traditore”, “mulo bastardo”, “soça (sozza) asina, giumenta” e molte altre.

Bill Gates, un lama. Mark Zucerberg, una pecora. Donald Trump, un gufo. Sono gli animali in cui potrebbero reincarnarsi in un’altra vita (pubblicità della rivista Top Magazine, BBDO Brasile)

Ma in realtà l’uso di metafore animali per esprimere disprezzo è molto più antico: per i Greci, “cane” significava anche una persona impudente, cattiva, sfacciata, e “maiale” poteva significare anche “persona incolta, stolto”. Del resto, nel I secolo d.C. il Vangelo di Matteo (VII, 6) riportava la frase di Gesù “Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi”. Cani e porci, insomma, erano il simbolo della bestialità, della disumanità.

Eppure in molte culture antiche, gli animali erano adorati come divinità dotate di poteri magici: com’è che ora sono il simbolo di quanto di più infimo e degradato esiste? Le risposte sono tante, perché il nostro rapporto con gli animali è profondo e multiforme. Gli animali hanno diversi tipi di rapporto con noi, ma sostanzialmente li vediamo come cibo, oggetti o come schiavi al nostro servizio: di qui il nostro senso di superiorità. Ma è tutto da dimostrare che noi umani siamo il vertice assoluto, i migliori di tutti gli esseri viventi.

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UNA VOLTA AVEVANO L'ANIMA

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Gli animali sono simboli potentissimi: rappresentano, di volta in volta, la forza, l’astuzia, la crudeltà, l’agilità, e molte altre caratteristiche. Perché da millenni condividono la nostra vita in molti modi. Per l’uomo gli animali possono essere: 

  1. Cibo, preda, allevamento: gli animali allevati come fonte di nutrimento per l’uomo sono 70 miliardi. Quasi 10 per ogni essere umano
  2. Vittime sacrificali (“capro espiatorio”): si credeva che alcuni animali fossero un potente strumento di comunicazione con la sfera divina (il fumo della carne va verso l’alto) e come collanti sociali. Sacrificare un animale era un modo per condividere il pasto con gli dei e in un gruppo. Le sue interiora rivelavano il futuro e il volere degli dei. Le vittime erano sempre ovini, bovini, suini; i poveri usavano animali di piccola taglia (costavano meno)
  3. Caccia: è un passatempo e un esercizio. E anche un modo per eliminare predatori che potevano danneggiare il raccolto o aggredire altri animali
  4. Spettacolo: dalla corrida al circo e allo zoo, è un modo per osservare gli animali esorcizzando i nostri timori: tutte queste occasioni ribadiscono la superiorità dell’uomo sugli altri esseri 
  5. Da guerra e da lavoro: gli animali sono usati per assalire (elefanti, cani), come mezzi di trasporto (cavalli, muli), come armi biologiche (topi, api)
  6. Magia: gli animali sono oggetto di varie credenze superstiziose (zampa di coniglio come porta fortuna). In alcune culture sono usati anche come “bambole vudù” per incantesimi (lucertole, galli, gatti) o che abbiano particolari poteri (si pensava che le civette col loro fascino potessero attirare le prede)
  7. Medicine e cavie: da secoli si attribuiscono poteri terapeutici agli animali (per esempio, la carne lessa di coccodrillo per guarire dalla sciatica); oggi usiamo gli animali o come fonte di farmaci (l’insulina è ricavata dal maiale). Del resto, il termine “vaccino” deriva  da “vacca” (nel 1796 il medico britannico Edward Jenner, utilizzò il termine per indicare il materiale ottenuto dalle pustole di bovini ammalati di vaiolo bovino, che negli esseri umani causa solo una lieve infezione); 
  8. animali da compagnia: alcuni animali (cani, gatti, conigli, cavalli….) hanno il privilegio di vivere a stretto contatto con gli uomini. Hanno un nome, non sono  uccisi né mangiati, condividono la casa con gli uomini, vengono ricordati dopo la morte.

Vignette di Forattini: disegnava Lamberto Dini come un rospo (e Veltroni come un bruco, , Buttiglione come una scimmia, Mancino come un cinghiale, Carlo Azeglio Ciampi un cane).

Dunque, un rapporto molto ricco, che però, col tempo si è degradato. Per gli antichi, infatti, non c’era una vera contrapposizione fra uomo e bestie: entrambi erano considerati “animali”, ovvero “esseri viventi dotati di anima, intesa come soffio vitale, energia” ricorda Pietro Li Causi nel libro “Gli animali nel mondo antico” (Il Mulino). Tutti gli esseri viventi erano considerati dotati di anima (soffio vitale): le piante (che però non si muovono, si nutrono e basta), gli animali (si muovono e hanno sensazioni) e l’uomo, che ha in più la parola, la capacità di ragionamento. La vera contrapposizione era con le fiere, le bestie selvatiche (orso, cervo, leone) che non convivono con l’uomo e sono aggressivi, minacciosi o elusivi.
Tant’è vero che il termine “zoologia” (studio degli animali) è nato solo nel 1600.
Al tempo stesso gli animali erano utilizzati come modelli, come maschere allegoriche, positive o negative, per riflettere su vizi e virtù umani: dalle favole di Esopo (La volpe e l’uva, La cicala e la formica, Al lupo! Al lupo! , La gallina dalle uova d’oro)  in poi. Ma in tutte queste favole le bestie “non si staccano dalla loro natura animale: finiscono per diventare preda dei loro impulsi più bassi. Mentre gli uomini possono essere ora furbi, ora stupidi, ora prepotenti, nel mondo animale le volpi sono sempre furbe, i cinghiali sempre ottusi e le api sempre laboriose. Mentre l’anima umana è mutevole è varia, quella degli animali sembra condannata a un’immutabile e irrimediabile fissità psicologica. E’ vero che questo serve a riflettere sui limiti del comportamento umano, ma è anche l’effetto del fatto che si pensa che nelle loro anime ci sia qualcosa di fisso, difettoso, diverso, che li condanna per sempre a essere schiavi della loro natura” osserva Li Causi.

Film del 1954 di Fritz Lang.

Da queste premesse si è sviluppato l’antropocentrismo, ovvero la convinzione che l’uomo sia al centro e al vertice del creato.
Come sono nati gli insulti bestiali? Da una pseudo-scienza, la fisiognomica: nel 300 a.C. lo Pseudo Aristotele scrisse la “Physiognomonica”, uno studio in cui diversi animali (leone, pantera, cinghiale, cervo, lepre, pecore, volpe, scimmia, cane, etc) sono presi come modelli per spiegare le caratteristiche fisiche e psicologiche delle persone. Chi aveva tratti somatici che ricordavano la volpe era considerato furbo, chi somigliava al cinghiale era irruente, e così via. Questo testo divenne il modello di trattati pubblicati fino al 1800, nella ferma convinzione che esistesse un collegamento fra la forma del corpo e l’anima.
A questi studi si affiancò la simbologia popolare. In un interessante studio del 2012 (“
Gli insulti nella storia dell’italiano. Analisi di testi del tardo medioevo, in B. Weher et F. Nicolosi (eds.), Pragmatique historique et syntaxe,  Francoforte: Peter Lang, pp. 1-21)  Giovanna Alfonzetti, docente di linguistica italiana all’università di Catania fa risalire l’esplosione di questi termini al “simbolismo animale medievale”: “le metafore animalesche rappresentano concretamente la degradazione subumana dell’offeso. In molti casi si tratta di associazioni immediatamente percepibili nelle quali il comportamento o la forma dell’animale vengono accostate a caratteristiche umane: “asino”, “mulo” (che allude alla cocciutaggine o può essere anche ingiuria generica come sinonimo di bastardo), “cane” (insulto con molti significati). 

Brutto mammifero!!!

Quanti sono gli insulti zoologici? Per capirli meglio, li ho suddivisi in due liste. 

Nella prima li ho raggruppati per grandi famiglie tassonomiche. Dato che molti lemmi non sono scientifici, ho cercato di classificare gli animali con un certo livello di approssimazione: innanzitutto, per “animali” ho inteso gli esseri  eucarioti, ossia quelli dotati di nucleo cellulare. In questo dominio ho fatto rientrare anche il termine “microbo” che di per sè è ambiguo (può riferirsi a virus, batteri, funghi). In questo dominio ambiguo ho inserito anche l’ameba, un eucariota microscopico. Gli animali denominati con più sinonimi (bue, bisonte, vacca) li ho conteggiati come un unico animale.

Le statistiche sugli insulti zoologici (clic per ingrandire).

Mammiferi (24): asino/somaro, balena, bradipo, bue/bisonte/vacca, bufalo, cammello, cane, capra/caprone/becco, cavalla/ronzino, cinghiale, coniglio,elefante, ghiro, iena, montone, orango, orso, maiale/porco/scrofa/troia, pecora/montone, pipistrello, sciacallo, scimmia, tigre, topo/zoccola/pantegana

Uccelli (11): allocco, avvoltoio, civetta, gallina/pollo/gallo, gufo, merlo, oca/papera, pappagallo, pavone, tacchino, tordo

Insetti (11): calabrone, falena, insetto, lucciola, moscerino, moscone, pidocchio, pulce, zanzara, larva, parassita

Pesci (4): anguilla, baccalà/stoccafisso, pescecane/squalo, scorfano 

Rettili (4): coccodrillo/caimano, serpente/serpe, tartaruga, vipera

Molluschi (2): lumaca, mollusco/cozza

Anellidi (2): sanguisuga, verme

Microorganismi (2): microbo, ameba

Aracnidi (1): zecca

Anfibi (1): rospo

Come si può notare, prevalgono i mammiferi (39%, più di uno su 3), ovvero gli animali che ci somigliano di più e con i quali abbiamo maggior familiarità. Seguono, a pari merito, uccelli e insetti (18%, uno su 5). Tutti gli altri animali (pesci, rettili, molluschi, anellidi, aracnidi, anfibi e microorganismi) sono in coda alla classifica. Ovviamente, sono tutti animali che appartengono, chi più chi meno, al nostro habitat: non ci sono panda o armadilli, anche se nell’elenco figurano animali che non incontriamo tutti i giorni (squalo, tigre, coccodrillo, iena). Dunque, insultiamo gli animali che conosciamo (o crediamo di conoscere) meglio.  

I più vituperati? Cane, maiale, ratto, asino e scimmia. E gli insetti

Pubblicità di stick dentali per cani (“avrà l’alito più fresco del tuo”, agenzia BBDO Germania)

La lista più rivelatrice è la prossima, nella quale ho suddiviso gli insulti zoologici per significato insultante. Quali sono gli animali che incarnano gli insulti più pesanti? In teoria, ci si aspetterebbe di trovare quelli che, per l’uomo, sono i più pericolosi: lupo, cinghiale, orso, serpente, zanzara e ratto. E, in generale, insetti, aracnidi, anellidi, ovvero i nemici piccoli ma portatori di malattie.
E invece il ragionamento vale solo per tre di questi animali (serpente, zanzara e ratto). Le altre offese più pesanti sono incarnate dal cane (simbolo della persona incapace, indegna di stima, ma anche – con “cagna” – sessualmente sregolata), dal maiale (porco, troia: persona dedita agli eccessi del sesso, del cibo, della pigrizia, della sporcizia), dalla scimmia (l’animale più simile a noi, emblema dell’ignoranza selvaggia e spesso usato per denigrare gli africani) e dall’asino (somaro, ciuccio:stupido, ostinato, ignorante). Ovvero, insieme al ratto, i mammiferi più intelligenti. Com’è possibile? Sembra una contraddizione: gli animali più intelligenti dovrebbero godere della nostra stima, non essere additati come emblema di difetti.

Film del 1978: descrive i comportamenti bestiali nei college.

In realtà, è proprio la loro somiglianza a decretarne il successo come “cattivi esempi“. Abbiamo infatti l’esigenza di prendere le distanze da loro, evidenziando che in realtà, più che somigliarci, incarnano i nostri peggiori vizi. Fra gli insulti più pesanti, comunque, non mancano gli animali più distanti dalla nostra storia evolutiva: rettili (serpente, vipera) insetti (pidocchio, pulce, parassita) e aracnidi (zecca). Quasi sempre, comunque, si tratta di stereotipi: un animale diventa il simbolo di un vizio perché se ne coglie un aspetto superficiale, e lo si trasforma in un emblema. Dunque, questi insulti hanno sempre un fondo di verità ma non sono mai veritieri al 100%. Facciamo l’esempio del maiale (che ho approfondito qui): si rotola nel fango non perché ami lo sporco, ma perché col fango protegge la pelle dall’attacco dei parassiti. Molti stereotipi sugli animali derivano dal fatto che li giudichiamo con parametri umani, con la nostra etica invece di guardarli per quello che sono nella natura, con un approccio scientifico e di rispetto delle differenze biologiche.

L’elenco qui sotto, poi, mostra un altro elemento: il maschilismo. Mentre “gallo” designa la persona in gamba o anche il bulletto, “gallina” (e anche “oca” e “papera”) sono appellativi riservati alle donne stupide e superficiali; “cavallo” indica una persona forte e muscolosa, mentre “cavalla” è una donna sfrenata dedita al sesso. E, in generale, la sregolatezza sessuale (zoccola, troia, falena, lucciola) è imputata alle sole donne. A onor del vero, c’è anche un sessismo anti-maschile: “becco” (caprone) nel senso di “cornuto” è un’offesa rivolta ai soli uomini. 

INSULTI GENERICI
spregevole, inumano animale/animalesco, belva, bestia / bestiale / bestialità / bestione / imbestialirsi / imbestialire, muso 
DIFETTI INTELLETTUALI
ignorante, stupido, sciocco, illetterato, incapace allocco, asino / asinaggine / asinata / asineria / asinesco / asinescamente, baccalà, bue / bovino / buaggine, cane, capra, ciuccio, gallina, merlo, montone, oca, pappagallo, papera, pollo, scimmia, somaro /  somaraggine / somarata, tordo
DIFETTI DI COMPORTAMENTO
rozzo, privo di garbo o educazione bisonte, bufalo, caprone, cinghiale,montone, orango, orso 
sessualmente sregolato  alla pecorina (coito da dietro), cagna, cavalla,  falena, lucciola, maiale, porco / porcone / porcaggine / porcaio / porcata / porcheria / porcaccionetroia, vacca, zoccola
crudele, senza scrupoli, avido, feroce, crudele, malvagio avvoltoio, bufalo/ imbufalirsi (“infuriarsi violentemente”), caimano, cane / canaglia / cagnesco / accanirsi / accanimento / accanito, iena, pescecane / pescecanesco / pescecanismo, sanguisuga,  sciacallo / sciacallagine, serpente / serpe, squalo, tigre vipera/ viperino / inviperirsi
moralmente ripugnante, spregevole pantegana, parassita, scarafaggio, topo di fogna, verme/vermiciattolo, vaccata (azione brutta, disonesta), 
ingordo porco
pavido, vigliacco, sfuggente, servile anguillaconiglio pecora/pecorone 
ipocrita, falso  coccodrillo, serpente 
fastidioso calabrone, gallo / galletto / gallismo, moscone, pappagallo / pappagallismo, scimmia,  tacchino (corteggiatore insistente e importuno), zanzara, zecca (appellativo che a Roma è rivolto ai contestatori hippy di sinistra)
avaro, taccagno, gretto pidocchioso
approfittatore parassita
pigro, indolente ameba, larva, porco
dormiglione ghiro
viscido lumacone
persona tetra, negativa gufo /gufaggine/gufata, pipistrello 
ostinato, testardo mulo  
ladro topo
tradito, cornuto becco/beccaccione  
beone cammello
vanitoso, frivolo civetta/civettare/civettuolo, pavone 
DIFETTI FISICI
brutto, deforme, respingente, ripugnante, meschino, nullità, di scarso valore bufala (notizia falsa), cimice, cozza, insetto, microbo, moscerino, pidocchio, pulce, scarafaggio, scorfano, rospo    
troppo grasso balena, elefante
troppo magro/piccolo microbo, moscerino, pulce, scarafaggio, stoccafisso
debole  mollusco, ronzino 
lento lumaca, tartaruga
sporco porco
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5 Comments

  1. Interessante come sempre. Noto con grande soddisfazione che, nonostante
    tutto e la sua fama poco ortodossa, il gatto è esente da parolacce, come
    la maggior parte dei felini. E’ la prova che la classe non è acqua. E’
    forse questa la spiegazione vista la vicinanza umana ai gatti che al
    contrario favorirebbe l’invenzione di parolacce. Che ne pensi?

    • Vero che il gatto non è usato come insulto, ma non è detto che questo provi la sua presunta superiorità. Anzi, nella nostra tradizione culturale i gatti hanno anche una cattiva nomea. E’ vero che gli Egizi lo adoravano come divinità, ma è altrettanto vero che, durante il Medioevo, il gatto era considerato un animale del demonio, amico delle streghe. Durante il periodo dell’Inquisizione avere un gatto era una prova di stregoneria e capitava spesso che venissero arsi vivi insieme alle padrone. Per non parlare della fama nefasta attribuita al gatto nero, associato alle tenebre. Infatti il gatto viene spesso associato agli aspetti più indomabili e inafferrabili dell’animo femminile. Astuto, malizioso, sinuoso, insidioso, misterioso, seducente, indipendente.
      Nella tradizione letteraria non mancano i gatti “negativi”: da Pietro Gambadilegno a Fritz il gatto, individualista e anarcoide. Ma soprattutto il Gatto mammone, creatura magica della tradizione popolare, con le caratteristiche di un enorme gatto dall’aspetto terrificante.

  2. C’è anche l’ameba, intendendo qualcuno senza spina dorsale, ovvero qualcuno incapace di prendere decisioni o di esprimere opinioni. E anche
    un bradipo, una lumaca, una tartaruga per chi è lento, un cammello per chi beve troppo, un ghiro per chi dorme troppo. Diciamo che sono epiteti più affettuosi. Pulcino per dire qualcuno che è piccolo e dolce, gallinella per chi va a letto presto. Gallo cedrone a Roma si dice di chi si dà le arie.

  3. Dopo aver pubblicato questo articolo ho scoperto che il quotidiano britannico “The Times” ha lanciato quest’anno una campagna promozionale in cui mostra un branco di animali selvatici nel Parlamento.

    Lo slogan: “La politica. Addomesticata. Fra polemiche,dimissioni, Brexit, il Parlamento diventa sempre più selvaggio. Noi vi guideremo nella giungla politica con i nostri esperti”.
    Una metafora zoologica che andrebbe a pennello anche per la politica italiana.
    La campagna è stata ideata dall’agenzia Pulse creative di Londra.

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